|
S.
Stefano prende la propria denominazione dalla chiesa del monastero benedettino di S. Croce
di Santo Stefano in Val Demone (santuario sorto in periodo normanno, meta di
pellegrinaggi). Fino al 1682, data di una disastrosa frana, al nome di Santo Stefano si
aggiunge quello "di Mistretta". L'appellativo "di Camastra" è stato
assunto per onorare la memoria di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, fautore della
ricostruzione del nuovo centro
Il primo nucleo del casale si
forma come aggregazione di un gruppo di vassalli e di villani che dipendono dal Monastero
di S. Stefano.
Per tutto il periodo in cui perdura nel suo stato giuridico di casale, è feudo
ecclesiastico alle dipendenze dell'Abbazia della SS. Trinità di Mileto fino al 1454 ed
alla dipendenze dell'Abbazia di S. Anastasia di Castelbuono dal 1454 al 1683.
Nel 1639 viene concesso il titolo di principe di S. Stefano di Mistretta ad Antonio
Napoli, colpendo in tal modo il diritto di signoria dell'abazia di S. Anastasia. Al
titolo si aggiunge in particolar modo l'amministrazione dei beni del priorato di S.
Anastasia, che prevede la possibilità di riscuotere le gabelle e l'acquisizione
dell'esercizio dei diritti di baulia, catapania e dogana.
Dal secolo XI, data della sua presunta edificazione, al XVII il casale mantiene la
denominazione di Santo Stefano di Mistretta, ad indicare uno stretto legame al più
importante centro di Mistretta. La denominazione perdura fino alla frana del 1682, dovuta
agli ampi smottamenti di terra provocati da piogge torrenziali.
Rovinato il vecchio paese, il nuovo Centro abitato sorge nel 1683 per volontà del Duca di
Camastra, sotto la cui signoria si trova ad essere. Il principe Giuseppe Lanza, duca di
Camastra, e la principessa donna Maria Gomez de Silvera chiedono al re la licentia
aedificandi, che viene concessa il 30 marzo del 1683, dando vita ad un nuovo abitato dal
caratteristico impianto urbanistico, che si presenta come un quadrato con inserito un
rombo.
Don Giuseppe Lanza da questo momento può fregiarsi anche del titolo di principe della
Terra e Stato di S. Stefano di Mistretta.
Il Centro assume ufficialmente la denominazione di S. Stefano di Camastra a partire dal
1812, anno in cui in Sicilia viene promulgata la Costituzione e che segna l'inizio della
storia dell'attuale comune. |
|
Duomo,
Chiesa S. Giovanni, Chiesa e Convento S. Antonio,
Chiesa del Calvario, Chiesa Madre,
Chiesa del Collegio, Chiesa del Rosario, Chiesa del Calvario, Chiesa del Collegio, Chiesa
del Rosario, Chiesa Mercè,
Chiesa di S. Giovanni, Chiesa del Letto Santo,
Chiesa di S. Antonio.
Museo Civico (etnoantropologico).
Museo della Ceramica Palazzo Trabia. |
|
LE CERAMICHE DI SANTO STEFANO
E' il maggiore centro
produttivo di ceramiche della Sicilia occidentale, la cui tradizione risale al
Quattrocento.
Le sue botteghe artigiane, il cui ruolo è determinante nello sviluppo del paese, vantano
un ricchissimo repertorio di forme, figure e colori, che coesistono con i motivi
tradizionali, facendo di Santo Stefano un punto di riferimento nell'arte della ceramica,
che può benissimo essere paragonato ad altri Centri che contano scuole ben più famose.
Importante per la formazione di nuovi artisti è l'attività dell'Istituto d'Arte per
la Ceramica, che annovera raccolte di creazioni ceramiche.
Da visitare è il Museo della
ceramica, ubicato a Palazzo Trabia, che svolge anche il ruolo di centro polivalente per
attività culturali. Il Palazzo è stato costruito alla fine secolo XVII dal Duca Giuseppe
Lanza Barresi; al suo interno sono presenti pregevoli volte affrescate, e pavimentazioni
in piastelle invetriate originali che colorano e decorano numerose stanze. Splendido anche
il giardino Trabia, sul quale si affaccia lo storico Palazzo.
Per documentarsi sulla storia
della ceramica di Santo Stefano è possibile visitare anche Palazzo Arnao, con i suoi
fregi, con i pavimenti in mattoni stagnati e i disegni stilizzati. Il Palazzo è stato
destinato a sede della Biblioteca comunale.
La Villa comunale è un'oasi
di verde con la sua suggestiva cisterna. Ristrutturata di recente dall'arch. Antonino
Marino si richiama alla cultura locale della ceramica. |