La
denominazione dell'attuale cittadina è recente, attribuita solo nel 1938, con riferimento
ad Achates, nome che gli antichi Romani avevano dato al fiume Dirillo, sembra per
ricordare il fido amico di Enea. Tuttavia alcuni studiosi sostengono che il termine deriva
più verosimilmente dal nome della pietra dura agata, che in passato era possibile
reperire lungo le rive dello stesso fiume.
La denominazione storica, con la quale troviamo questo Centro nei
documenti antichi, è quella di Biscari. Un casale così chiamato pare esistesse
già in età greca. Precisa Vito Amico che, sotto il regno di re Martino, nel medesimo
territorio sorgeva Odegrillo (o Dirillo), un piccolo villaggio che
apparteneva alla giurisdizione del Contado di Modica. Tra i ruderi di Odegrillo e gli
edifici di Biscari "s'impone una distanza". Infatti il nucleo originario
del Centro urbano (ovvero di Biscari) risale verso il finire del secolo XV.
Antonio Beneventano ha il territorio in feudo sotto gli Aragonesi, dal
quale passa alla famiglia Lamia, nobili di Lentini. Quando Ruggero di Lamia si ribella al
re Martino, viene privato dei beni, che vengono concessi a Giacomo Serra, cavaliere
siracusano, il quale muore senza eredi, cosicchè il feudo viene assegnato ancora una
volta nel 1396 a Niccolò Castagna. Questi lo vende a Matteo Mazzone, con la conferma del
re Martino nel 1408, e costui a Bernardo di Cabrera, Conte di Modica. Dopo una lite con il
catanese Antonio de Castellis, che rivendica i diritti della madre, Costanza di Lamia, il
feudo torna ai successori ereditari della Famiglia di origine. Con la famiglia catanese
dei Castellis, successivamente imparentata con quella dei Patemò, ha inizio un lungo
periodo di splendore per la cittadina di Biscari. Viene insignita degli onori di
Principato.
Il Centro è gravemente danneggiato dal terremoto del 1693, ma riprende a
crescere. I principi Paternò-CastelIo mantengono il feudo di Biscari fino ai primi
dell'Ottocento, quando viene sancita la soppressione del feudo nell'intera Sicilia.
Il centro storico di Acate è raccolto attorno al castello e alle
emergenze monumentali di carattere religioso, come la chiesa Madre, ricostruita nel secolo
XIX, e la chiesa di S. Vincenzo, in passato dedicata a S.Giuseppe, elegantissima chiesa
abbaziale, fondata da Agatino Paternò, riservando a se e ai suoi il diritto di patronato,
ovvero di sceglierne l'abate all'interno della propria famiglia. La nuova denominazione
della chiesa deriva dal fatto che vi si conserva il corpo di S. Vincenzo, martire dei
primi secoli della cristianità. Nel 1722, papa Clemente XI donò il corpo del Santo al
principe Vincenzo Patemò-Castello, sembra in seguito ad un tragico episodio di gelosia
coniugale, maturato in famiglia, sul quale la fantasia popolare ha poi associato
significati leggendari. A questa data si fa risalire il palio che si corre annualmente la
terza domenica dopo Pasqua, per celebrare la festa solenne del Santo. Un ricco corteo
storico in costume precede la seguitissima corsa di cavalli.