Mastro Don Gesualdo « non guardò a spese per far stare
contenta Isabellina in collegio: dolci, libri con le figurine, immagini di
Santi, noci con il Bambin Gesù di cera dentro, un presepio del Bongiovanni
che pigliava un intera tavola, tutto ciò che avevano le figlie dei primi
signori, la sua figliuola l’aveva ». E’ la Sicilia dell’Ottocento, quella
che ci racconta Verga, testimoniando indirettamente, in questo suo passo,
quanto popolare fosse l’attività dei “Santari” e dei “Pasturari”, cioè
quegli artigiani di bottega che avevano fatto un’arte, da un lavoro umile e
semplice .
Modellavano e coloravano figurine di creta, per
celebrare la Natività, su commissione di chiese e conventi. Probabilmente la
loro fonte d'ispirazione erano le rappresentazioni pittoriche e scultoree di
artisti famosi, dei quali le chiese di Sicilia posseggono tesori
inestimabili. Bongiovanni, citato nel brano di Verga, era uno di quegli
artigiani , che hanno saputo dare dignità artistica a queste opere della
creatività popolare. Si chiamava Giuseppe e si firmava Vaccaro-Bongiovanni,
unendo i cognomi del padre e della madre, famiglie di ceramisti da più
generazioni. La sua produzione, infatti, si innesta sulla tradizione
dell’arte ceramica di Caltagirone, che sin dall’antichità ha basato gran
parte della propria economia sulla lavorazione di manufatti in argilla.
Giuseppe continua l’attività di famiglia, quella dei Bongiovanni che si
erano imposti all’attenzione pubblica già dal secolo precedente, nel corso
della splendida stagione del barocco isolano. Ma l’arte di Giuseppe non
rimane chiusa nei ristretti ambiti locali, fa il giro dell’Europa del tempo
e le sue minute composizioni scenografiche, da allora, trovano posto in
prestigiosi musei come quello di Monaco di Baviera o il British di Londra.
I Presepi di Caltagirone, altrettanto famosi di quelli
palermitani o napoletani, si affermano sulla scia delle richieste di una
nuova committenza che riteneva prestigioso adornare le proprie case private
così come chiese e pubblici palazzi. Alcune di queste “sacre
rappresentazioni” si possono oggi ammirare ancora integre, ma la maggior
parte è stata smembrata in singole collezioni, pubbliche e private. Per
questo è importante aver notizia di dove si trovano queste raccolte,
studiarle, esporle. Questo fine conoscitivo ci permette di recuperare il
frutto di una storia popolare ancora tutta da scoprire, sia per quanto
riguarda gli autori pressoché ignoti, sia per conoscere (oltre ai caratteri
simbolici che rappresentano) anche il mondo popolare, il sentire del tempo,
gli usi e i costumi, che queste statuine di creta raffigurano, fornendoci
inconsapevolmente una “tranche de vie” della Sicilia fra Settecento ed
Ottocento.
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