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Memoria crepuscolare
Occorre formare una nuova sensibilità,
per conservare
non solo la memoria
remota ma anche quella recente. |
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La memoria crepuscolare |
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Testo di Sergio Bertolami |
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Sagrestia Nuova di Michelangelo nelle
Cappelle Medicee (Cappelle Medicee) di Firenze, Italia.
Particolare della tomba di Giuliano de 'Medici, duca di
Nemours.
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da Wikimedia Commons
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C’è una parte di testimonianze storiche che sta
scomparendo, perché si sta consumando lentamente, in modo naturale, mentre
invece varrebbe la pena di afferrala per tempo, prima che se ne verifichi la
perdita irreparabile. Questa parte di testimonianze storiche è costituita da
tessuti urbani, architetture, giardini, libri antichi, manufatti pittorici e
scultorei, disegni o immagini fotografiche, tradizioni popolari: in altre
parole, una miriade di segni del nostro recente passato scarsamente
considerati. Sono beni che abbiamo veduto sin da ragazzi, sono familiari e
perciò non li riteniamo degni d’interesse. Chi presta attenzione ad un
graffito ornamentale di primi anni del Novecento sulla facciata di uno
stabile, agli infissi di legno, alle coloriture originarie, ad una targa
commemorativa? Chi si preoccupa per un busto marmoreo in un giardino,per una
pavimentazione in pietra di una strada cittadina, per un vecchio chiosco in
stile Liberty? Alla maggior parte di persone piace parlare delle cose "fuor
di memoria", quelle che, sospirando per le bellezze di un epoca passata, si
leggono nei libri, quelle appartenute ad un "tempo immemorabile" così
distante e contrapposto ai cosiddetti "tempi moderni”.
E’ su questi cosiddetti tempi moderni, che vorremmo
soffermarci: circoscrivono un arco di memoria pressappoco di cento anni,
ossia il nuovo secolo che stiamo vivendo e quello del Novecento appena
trascorso. E’ un pensiero che ha interessato differenti età. Ad esempio alla
fine del XII secolo un inglese, Gautier Map, scriveva di «ciò ha avuto
inizio nella nostra epoca. Per "nostra epoca" io intendo il periodo che per
noi è moderno, cioè la distesa di questi cento anni dei quali vediamo adesso
il termine, e dei quali tutti gli eventi rilevanti sono ancora abbastanza
freschi e presenti nelle nostre memorie, anzitutto perché alcuni centenari
sono ancora in vita, ma anche perché una quantità innumerevole di figli
hanno, trasmessi loro dalla bocca dei loro padri e dei loro nonni, racconti
certissimi di ciò che essi non han visto di persona».
Di questo paesaggio contemporaneo legato ai ricordi
personali, uno storico attuale, Eric J. Hobsbawm, dà un’interpretazione
ricca di stimoli di riflessione. Scrive, infatti: «Per noi tutti esiste una
“zona crepuscolare” fra storia e memoria; fra il passato come archivio
generale aperto a un’indagine relativamente spassionata, e il passato come
parte o sfondo dei propri ricordi personali». I limiti di questa zona,
afferma, si estendono, più o meno percepibili o confusi, dal più lontano
momento di cui abbiamo un ricordo ancora vivo delle tradizioni familiari – e
per estensione, aggiungiamo noi, delle tradizioni locali – fino al termine dell’infanzia, quando le vicende pubbliche e quelle private si confondono
in un tutt’uno e divengono inseparabili. E’ il caso della solita foto
sbiadita, raffigurante una persona od un luogo, che qualche anziano è
ancora in grado d’individuare e spiegare. «Ma questa “terra di nessuno”
temporale c’è sempre ed è la parte di storia di gran lunga più difficile da
afferrare, per gli storici e per chiunque».
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