pizzodisevo - 18 Marzo 2006 |
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Osservando, con attenzione, la pianta topografica di Messina di oltre cento anni fa si rimane interdetti e quasi increduli. Tutta lì quella che secondo la popolazione doveva essere la terza città della Sicilia? Un gigantesco paese con un porto alle spalle delimitato a Sud dal corso del torrente Portalegni (attuale via Tommaso Cannizzaro) e a Nord, grosso modo, dal torrente Trapani. Al centro cittadino si contrapponeva allora quell’enorme area dove oggi pulsa “ il cuore” della nuova Messina. Dalla Stazione Centrale fino al torrente Zaera è tutta un’immensa distesa di giardini e orti: gli Orti della Mosella. A malapena si riescono ad intravedere le estreme propaggini settentrionali di quella nuova via che stava nascendo, quella via San Martino, con le sue moderne ed eleganti palazzine. Soltanto con lo sconvolgimento urbanistico provocato dal tremendo terremoto del 28 dicembre del 1908, si delineerà nettamente il vero volto della nuova piazza. Il ruolo nevralgico che essa assumerà nella vita cittadina di quest’ultimo secolo del secondo millennio, che per Messina si è concluso purtroppo nel segno della più umiliante decadenza. Era naturale che proprio a Piazza Cairoli sorgesse quel ritrovo che ha segnato, come nessun altro, la vita sociale e culturale della Messina del Novecento. “Messina città rediviva”, a cavallo tra gli anni’20 e’30, ha, in quell’angolo conosciuto, il suo caffè concerto: il “ Gran Caffè Concerto Irrera”. Piazza Cairoli è ormai “ il cuore” della neo-città. E’ tuttavia nel biennio che va dal febbraio del1929 al marzo del 1931 che il locale messinese assurge all’altissima dignità di caffè letterario nazionale. Divenne meta, in quel fervido biennio, degli incontri domenicali, fra un capocantiere del Genio Civile, nonché poeta, in cerca di gloria, ed un brillantissimo avvocato non ancora trentenne: Salvatore Quasimodo e Salvatore Pugliatti. “ In un angolo della sala grande del Bar Irrera - ricorda Pugliatti- si parlava di letteratura, si commentavano cronache e critiche letterarie, si leggevano poesie: spesso quelle che Quasimodo aveva composte durante la settimana”. Di quei bei tempi cosa rimane? Solo ricordi e rimpianti per l’attuale stato di degrado e abbandono in cui versa ormai da troppo tempo Messina.
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