Anche la Sicilia ha la propria Novara, non soltanto il Piemonte. Michele
Amari nella sua storia dei musulmani di Sicilia ci ricorda «una trentina di
nomi di comuni, che si riscontrano consimili in terraferma». Ne fornisce
anche una spiegazione, poiché questi centri sarebbero stati così denominati
dai Lombardi, provenienti dal nord al seguito del re Ruggero, normanno, alla
conquista dell’Isola. Novara di Sicilia si trova sui Peloritani, lungo la
statale 185, in prossimità della sua cresta più elevata, quella Rocca
Salvatesta di 1340 metri di altitudine, dalla quale si gode il panorama
stupendo dei due mari. Da una parte il Tirreno: quando non c’è foschia si
possono scorgere le isole Eolie. Dall’altra parte lo Ionio e se volti lo
sguardo puoi ammirare l’Etna fumante. La statale 185 collega le due coste:
parte da Castroreale Terme, segue la fiumara Mazzarrà, raggiunge Novara, si
inerpica su per le montagne boscose, si spinge fino alla pineta di Mandrazzi,
poi comincia di qui a scendere verso l’Alcàntara, conosciuta per le sue gole
di basalto colonnare, per raggiunge Giardini, l’antica Naxos, dove
approdarono i primi coloni venuti dalla Grecia.
Non dobbiamo credere che il territorio di Novara non fosse abitato prima
dell’arrivo dei normanni, basti ricordare il “riparo della Sperlinga”, unico
esempio in Sicilia, con la grotta Corruggi di Pachino, di stazione
Mesolitica. Il paese attuale ha però origine medievale. Scrive infatti
Illuminato Peri che «nel secolo XII una corrente [migratoria] non mediocre
fece capo al monastero di S. Maria di Nugaria». La chiesetta del cenobio di
Santa Maria, edificato nel 1137 in Valle Bona, la possiamo ancora oggi
visitare nella frazione di San Basilio, poco distante da Novara. Scrive Vito
Amico, a metà del Settecento, che questo «monastero di Santa Maria la
Novara, sotto il titolo di Santa Maria Annunziata e comunemente sotto il
nome del Beato Ugone, abbazia dell’Ordine Cisterciense, ascrivevasi a San
Bernando, che a preghiera del Re Ruggero, diresse più volte i monaci in
Sicilia».
La lapide posta all’ingresso della chiesa, i libri e le guide che si
possono leggere in proposito, riferiscono tutti che fu Sant’Ugo, oggi
patrono del paese con la SS. Maria Assunta, a fondare il monastero. Se,
tuttavia, facciamo attenzione alle date ci accorgiamo che in realtà nel 1137
Ruggero si opponeva all’autorità di papa Innocenzo II, appoggiando
l’anti-papa Anacleto II, che gli aveva riconosciuto il titolo di “Re di
Sicilia”. Come poteva dunque San Bernardo, che sostenendo Innocenzo
appellava Ruggero “tyrannus Siciliae “, richiamare Sant’Ugo dalla Spagna,
dove risiedeva stabilmente, per mandarlo a fondare un monastero nel cuore
dei Peloritani? Un errore di data o, ipotesi più intrigante, un abbaglio
perdurato per secoli, ma che ha in se una propria verità?
Ruggero II iniziò davvero la costruzione del monastero nel 1137,
considerando che era solito, secondo la tradizione paterna, edificare chiese
e conventi e nominare vescovi ed abati, indipendentemente dal volere
pontificio. Ruggero dunque concesse beni e diritti, nonché i villani di cui
parla Peri, ai monaci basiliani per la costruzione di un convento
nell’antichissima frazione chiamata appunto San Basilio. Quando nel 1139,
con la pace di Mignano, Ruggero ottenne il riconoscimento di Innocenzo II e
venne infeudato di tutti i suoi possessi, cambiò l’indirizzo politico. Cessò
l’edificazione dei monasteri greci e «gradualmente gli esistenti conventi
basiliani furono incoraggiati a riconoscere la supremazia della Chiesa
romana». I cistercensi di Sant’Ugo sostituirono dunque gli ascetici
basiliani, nelle preghiere, ma soprattutto nel lavoro dei campi,
trasformando una vallata malsana in una Valle Bona. Un particolare, nella
storia di Novara di Sicilia, ma che dimostra come anche libri, guide e
persino lapidi ogni tanto ci raccontano qualche balla.
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