Certo erigere costruzioni in muratura risolverebbe al
contempo il duplice problema di fornire con urgenza una abitazione ai
superstiti nuclei familiari e di riedificare la città distrutta riattivando
così l’attività economica, commerciale e industriale. Ma il Governo ritiene
opportuno raggiungere il medesimo obiettivo optando per la costituzione di
una città provvisoria, formata da gruppi organici di baraccamenti da
trasformare gradualmente nella città stabile. La soluzione permette innanzi
tutto di sgravare l’Erario dello Stato da una spesa ben maggiore
condividibile all’atto della ricostruzione vera e propria con l’impegno
economico dei privati. Sin da ora però occorre aver chiaro l’iter
legislativo per risolvere i problemi relativi all’occupazione delle aree,
compito che sarà attribuito alla apposita commissione istituita con la L.
12/1/1909 n. 12. Al momento lo strumento cui attenersi è la vecchia legge
del 1865 n. 2359 sull’espropriazione dei suoli per pubblica utilità,
espropriazione temporanea che l’art. 71 limita a due anni e che in deroga a
questo l’art. 3 della legge n. 12 porterà a cinque, da protrarsi anno per
anno per il massimo di un altro quinquiennio. A conti fatti dieci anni di
respiro e di riflessione.
In quest’ottica la città più che provvisoria andrebbe
considerata semistabile; e questo sarà il carattere precipuo che la
distinguerà, tanto più che il numero delle residenze baraccate e dei
padiglioni speciali d’uso pubblico supererà di ben tre volte e mezza le
previsioni iniziali. Tant’è che l’Ufficio Speciale del Genio Civile dovrà
ricorrere ad una tipologia ordinaria su due piani per far fronte ad un
afflusso non previsto di popolazione.
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