1/2
     
   Archeologia in Sicilia
 

Per saperne di più  

 
   
 
  Istituita la prima
  Soprintendenza
  d'Italia per il Mare
   
     
Testo di Roberta Irrera    

 
 

Satiro danzante di Mazara del Vallo. scultura bronzea del
IV sec a.C., rinvenuta nel 1997/1998


 

Dedda71 - 1 Settembre 2008
 
 
 

 

da Wikimedia Commons

 

"Ricerca, censimento, tutela, vigilanza, valorizzazione e fruizione del patrimonio archeologico subacqueo, storico, naturalistico e demo-antropologico dei mari siciliani e delle sue isole minori": sono questi i fini per i quali è stata creata recentemente in Sicilia la prima Soprintendenza d'Italia per il Mare, ufficialmente istituita il 17/09/2004, tramite l'applicazione dell'art. 28 della legge finanziaria 2004.

La creazione di tale specifica istituzione, oltre a rimarcare la ricchezza e l'unicità del patrimonio archeologico subacqueo isolano, fornisce un deciso input allo studio dei beni sommersi, non solo nell'ottica di una raccolta di reperti utili ai fini della musealizzazione, dell'incremento del terziario turistico, del censimento delle risorse, ma anche e soprattutto per promuovere la consapevolezza della ricchezza dei dati di carattere storico, economico, sociale che provengono da questa ricchissima documentazione. I fondali siciliani infatti, oltre ad avere restituito reperti "eccezionali" - ci riferiamo, ad esempio, al Satiro di Mazara del Vallo, o al rostro di imbarcazione punica rinvenuto al largo delle Egadi -, meritano particolare attenzione soprattutto in relazione a ritrovamenti apparentemente meno eclatanti ma non per questo poco significativi dal punto di vista della possibilità di una ricostruzione dei commerci, del business economico, delle rotte mediterranee al centro delle quali la Sicilia si poneva come fulcro.

Oltre fondamentali scoperte subacquee quali, ad esempio, i resti della presunta struttura portuale di Akragas o di Camarina, la copiosissima presenza di relitti a largo delle coste siciliane e la continuità diacronica dei rinvenimenti - si consideri che solo per l'area eoliana ne vengono annoverati 21 che coprono un arco cronologico che oscilla dall'VIII sec. a.C. al XVII d.C. - diventa inestimabile spia della continua vitalità degli approdi isolani nell'economia degli scambi mediterranei. Inoltre, al di là dell'indubbio valore ai fini della ricostruzione delle tecnologie navali utilizzate nell'antichità, lo studio di un "contesto chiuso" come quello offerto dal relitto, la cui vita è bloccata al momento del naufragio, offre una preziosissima cristallizzazione di un processo economico in movimento, al pari di quanto, sulla terra ferma, avviene in situazioni straordinarie quali quelle di Pompei e Ercolano.

Spesso poi le navi antiche trasportavano anche materiali da costruzione monumentali come marmi o colonne, la cui analisi ci può offrire utili dati e preziose conferme per evidenziare la provenienza di prodotti edilizi commissionati spesso per la messa in opera di grandi opere pubbliche. Esemplare è il caso del cosiddetto "relitto delle colonne" di Camarina, il cui nome deriva dal reperimento, insieme a un vasto corredo di bordo e a anfore per vino e garum (salsa di pesce utilizzata per il condimento di svariate pietanze) provenienti dall'Africa proconsolare, di due colonne in marmo giallo antico della Numidia, del peso di circa 18 tonnellate, caricate longitudinalmente sulla nave. Le colonne, simili per altro a quelle utilizzate nella costruzione del Pantheon da Adriano, dovevano costituire materiale per la costruzione di un monumento, forse un tempio, e, insieme al resto della documentazione, consentono una datazione al III sec. d.C.

 

 
 
     

Next

 

HOME