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   Archeologia in Sicilia
 

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Testo di Roberta Irrera    

 
 
Isola Lachea

 

Andretna AndreaFiore  - 1 Gennaio 2008
 
 
 


da Wikimedia Commons

 

Ma è l'analisi dei carichi "ordinari" trasportati da questi relitti a fornire lumi sulle dinamiche, la quantità e la qualità delle importazioni e delle esportazioni siciliane. Esemplificativo a questo proposito diviene il caso della nave greca arcaica rinvenuta nel tratto di mare antistante l'antico emporium di Gela, la cui presenza fu segnalata già dal 1988, sebbene si sia dovuta attendere la fine del 2003 per l'inizio della prima fase di recupero di quello che, per dimensioni e per stato di conservazione, si pensa essere il più importante relitto arcaico del Mediterraneo.

Al di là dei fondamentali dati costruttivi che sarà possibile desumere dallo studio degli stupefacenti resti dell'imbarcazione, la varietà del suo carico, costituito da anfore vinarie e olearie chiote, puniche, attiche, lesbie, corinzie, massaliote e samie, oltre che da suppellettili per l'uso quotidiano dell'equipaggio e da merci pregiate come kylikes attiche e vasellame a vernice nera, sebbene faccia identificare nell'Egeo il bacino di provenienza della nave, spinge a ipotizzare che l'imbarcazione "dovesse aver toccato durante la rotta porti e approdi che fungevano da punti di immagazzinamento e di smistamento dei prodotti". Come in questo caso, molto spesso è merito soprattutto delle anfore, sorta di "fossile guida", la possibilità di una ricostruzione geografica dei commerci mediterranei, grazie al corredo epigrafico di cui esse sono spesso dotate - bolli, tituli picti, graffiti, iscrizioni sui tappi, etichette - e all'analisi archeometrica che, attraverso lo studio della composizione minero-petrografica dei preziosi contenitori, fornisce dati inconfutabili in merito alla provenienza del materiale analizzato. Tramite questo criterio è stato possibile delineare, ad esempio, nell'area eoliana della secca del Bagno, tra età classica e prima età romana, due rotte commerciali: la più frequentata, testimoniata dall'addensamento di anfore di tipo greco italico e corinzio e di dolia, attraversava l'area del Tirreno centrale e meridionale, l'altra, attestata da anfore puniche e betiche, creava contatti tra la Spagna Meridionale, l'Africa settentrionale e la Sicilia.

Tecnologie analoghe a quelle usate per l'area eoliana sono state adottate per lo studio dei materiali emersi dalle campagne subacquee dell'ultima estate nell'area compresa tra il porto di Acitrezza e l'isola Lachea, portando al delinearsi di un ben preciso quadro diacronico delle rotte commerciali anche per l'area costiera orientale siciliana. Lo studio di anfore, piatti e ceramiche datate tra IV sec. a.C. e VIII sec. d.C., restituite dal mare in questa zona, ha contribuito in maniera decisa al chiaro delinearsi di un quadro dell'attività dei principali scali portuali e delle merci ivi convogliate perfettamente conforme ai principali dati economici e politici siciliani già noti da parallele indagini storiografiche. Se fino al III secolo a.C. è possibile osservare una netta predominanza del vino italico proveniente dal sud della penisola italiana e, solo raramente, dalla Grecia orientale, in piena età ellenistica a questi prodotti si aggiunge la presenza del garum spagnolo e portoghese, insieme ad alcune merci cretesi e dalmate.

La situazione fin qui delineata, che sembra seguire progressivamente l'espandersi della presenza romana nel Mediterraneo, nei secoli aurei dell'impero vede il baricentro commerciale spostarsi significativamente verso l'area nord-africana, prezioso bacino alimentare, fin quando, con la crisi istituzionale attraversata dall'impero romano nel III secolo d.C, si assiste alla scomparsa quasi globale dei prodotti africani sostituiti da quelli di aree come l'Anatolia, la Siria, la Palestina, la Grecia, significativamente gravitanti nell'orbita di Costantinopoli.

Nient'altro dunque che immensi "tesori della memoria" sommersi questi relitti, che come tali dovrebbero essere tutelati, valorizzati e soprattutto studiati per restituire le tracce del ricchissimo passato siciliano, in cui le rotte commerciali, oltre a veicolare merci e scambi, trasportavano idee accolte e smistate dai molteplici scali isolani. 

 

 
 
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