Per ricordare Leonardo
Sciascia, a quindici anni dalla scomparsa, vogliamo riferirci non alla sua
vasta bibliografia, ma ad un articolo che pochi ricorderanno, uscito negli
anni settanta su Epoca, il settimanale di Arnoldo Mondadori, oggi non più in
edicola. Costituiva uno di quegli inserti illustrati che caratterizzavano la
rivista, redatti dalle grandi firme di quegli anni. La serie era intitolata
“Cara Italia” e ciascuno scrittore commentava una regione. Sciascia ha
descritto la Sicilia e Mario De Biasi (che invece della penna usava la sua
impeccabile macchina fotografica) ne ha illustrato in modo emozionante i
paesaggi.
Vogliamo cominciare dalla conclusione dell’articolo, perché ci sembra possa
essere d’incitamento a guardare meglio quest’isola, senza preconcetti.
“Si può anche non veder nulla, della Sicilia. Basta lo starci, l’esserci.
Basta come bastò a Roussel l’albergo delle Palme. La Sicilia, come disse un
americano dell’America, è «nella testa». Può essere cioè, soltanto, l’idea
che della Sicilia ci facciamo. Ma
questa nota vuole essere contro la Sicilia che è «nella testa». E’ per la
Sicilia com’è: una bellissima, isola, con centinaia di bellissimi paesi e
alcune bellissime città. E posso dirlo conoscendo ormai quasi tutti i paesi
e tutte le città; e avendo in ogni paese trovato almeno una cosa per cui
vale la pena fare un viaggio, e tante nelle città”.
Il
suo viaggio alla scoperta della Sicilia Sciascia lo descrive da lontano, da
Milano, componendo il suo articolo in una stanza d’albergo, sul filo della
memoria. “Da lontano, dico, come se dalla Sicilia mancassi da venti, da
trenta, da quarant’anni - ricordandola, amandola, senza affilarvi sopra
ragione e rancore. Difficile operazione, per me. Non ho mai potuto amare la
Sicilia interamente, senza una controparte di insofferenza, di risentimento,
di avversione. Ho sempre dovuto e voluto fare i conti con lei, restandoci.
Ho dovuto e voluto fare i conti con quello che c’è in lei di vecchio, di
stupido, di tremendo; e col nuovo che diventa vecchio, come in quel film di Frank Capra, Orizzonte perduto, in cui si vede un volto giovane di
colpo orribilmente invecchiare, rugarsi, rinsecchire”.
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