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Pasqua in Sicilia
I riti pasquali del mercoledì
e del giovedì Santo. |
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La Settimana Santa
in Sicilia |
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Testo di Ernesto di Nunzio |
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Processione della Real
Maestranza a Caltanissetta. |
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Salvatore Iacono -
18 Gennaio 2008 |
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da Wikimedia Commons
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Nelle suggestive celebrazioni religiose che si svolgono in Sicilia nel
corso della Settimana Santa si possono rileggere le mistiche atmosfere
barocche tramandate dall’età spagnola, i cui rituali si sono integrati
profondamente nella intensa religiosità dei siciliani. Basta soffermarsi
sulle manifestazioni delle confraternite, corporazioni di arti e mestieri
costituite, con norme precise e molti privilegi , come organizzazioni
religiose. Contribuivano, in un certo senso, a fornire servizi alla comunità
locale, occupandosi dei consoci più poveri, assistendo gli ammalati,
confortando i moribondi. In ogni paese della Sicilia ve ne sono ancora oggi;
naturalmente, il loro esercizio è di gran lunga mutato, sia per
l’estinguersi di intere categorie lavorative, sia per l’esiguo numero dei
confrati e i pochi edifici religiosi ancora attivi. Ciò che porta talora
alla fusione dei gruppi religiosi e all’uniformarsi dei loro costumi
tradizionali. Tuttavia, con i riti pasquali, le confraternite più antiche,
che conservano gli antichi cerimoniali, tornano a celebrare la passione di
Cristo, facendoci balzare indietro di centinaia d’anni.
Nella giornata del Mercoledì Santo a Caltanissetta si svolge la “Real
Maestranza”. Il titolo di “Reale” fu concesso nel 1806 da Ferdinando IV di
Borbone, impressionato dall’imponenza di questo corteo secentesco, che
dall’antico collegio dei gesuiti volge verso la Cattedrale. Le bandiere
delle varie maestranze, cioè le diverse categorie di artigiani della città,
sfilano avvolte e abbrunite. Anche il crocifisso è velato di nero, segno
della penitenza quaresimale. In Cattedrale, dove è solennemente esposta la
divina eucaristia, testimonianza della redenzione dal peccato, le bandiere
vengono disvelate e le maestranze mutano tutti gli accessori neri dei loro
costumi (calze, guanti, fiocchi) con altrettanti accessori bianchi. Poi la
comunità laica dei ceti artigiani si unisce al vescovo e ai sacerdoti, dando
inizio alla solenne processione, lungo il corso principale, segno di una
unità civica e religiosa.
Della ricca ritualità del Giovedì Santo, che comprendeva riti apotropaici,
flagellazioni penitenziali e processioni di ragazzini e di pie donne, oggi
rimangono solo la Lavanda dei piedi e la visita ai Sepolcri. La Lavanda
ricorda l’Ultima Cena. Ad Augusta fino agli anni sessanta dodici anziani,
fra i poveri della città, impersonificavano gli apostoli: venivano curati,
rivestiti di una tunica, sfamati. Oggi questo ruolo spetta ai ragazzi che
ricevono una mezzaluna di pane glassato di zucchero, "u cavaddu d’Apostuli"
che in altre parti della Sicilia è un pane dolce coperto di sesamo. Ad
Augusta, come in molti altri centri siciliani, troviamo i "Babbalucchi" ,
confrati che vestono un abito penitenziale di foggia spagnola e portano il
capo e il volto coperto da un cappuccio e a volte bastoni con lampioni di
carta, prerogativa di alcuni confrati. Una particolarità è che le "varette",
che essi scortano in processione, non rappresentano, come altrove, scene
della Passione, ma i Santi protettori delle stesse Confraternite.
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