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Pasqua in Sicilia
Le preparazioni dei "dolcieri"
e
quelle confezionate nelle cucine
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Dolce Pasqua |
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Testo di Laura Gentile |
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Agnello pasquale fatto di
Pasta Reale
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Enzian44
- 4 Ottobre 2007 |
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da Wikimedia Commons
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Nei giorni delle celebrazioni pasquali la memoria della Sicilia storica è
tenuta viva non solo dalle manifestazioni religiose, ma persino dai
celebrati “dolcieri”, che tramandano ricette di una tradizione ancora
fortemente radicata nell’isola. Secondo gli ingredienti di base di queste
ricette, possiamo distinguere i dolci preparati con farina e uova, quelli di
pasta reale (che fuori di Sicilia chiamano marzapane), quelli di ricotta.
Già prima della Settimana Santa si possono gustare i famosi quaresimali
(nella foto), biscotti di mandorla ricoperti da una glassa di bianco d’uovo
oppure le palmette di mandorla tostata e uova, dalla forma di palma, e
ricoperte di zucchero fuso colorato. Sono, questi, i veri sapori del
passato, ben lontani da quelli abituali della produzione industrializzata e
pubblicizzata. E’ un modo per gustare prelibatezze che legano la loro
origine alla grande pasticceria barocca, ma per alcuni dolci anche a
tradizioni più antiche.
Un proverbio ricorda le indaffarate giornate nella preparazione delle
squisitezze pasquali: avìri cchiù chiffàri di lu furnu di Pasqua, cioè avere
più da fare del forno di Pasqua. Molti sono proprio i dolci da forno. Ad
Avola, per esempio, si trovano i cannileri, lunghi tortiglioni glassati
fatti con pasta di pane, che si legano alla grande varietà isolana dei pani
votivi, a forma di animali e figurine devozionali. Classici dolci esposti
nelle vetrine delle pasticcerie o dei panifici dolciari sono panarina e
panareddi oppure aciddi ccu l'ova, palummedde, cuddùre e cudduredde, cioè
pani dolci o biscotti, a seconda delle località, a forma di panierini o di
uccelli, ornati con uova sode colorate.
Nelle comunità agro-pastorali erano dolci di casa da regalare ai bambini;
cotti nei forni a legna, emanavano un profumo inebriante che si confondeva
con quello del pane appena sfornato, preparato fresco per i giorni di festa.
Le uova venivano colorate immergendole in infusi vegetali: di barbabietole
per ottenete il rosso, di ortiche o di spinaci (verde), di mammole (viola),
di bucce di cipolla (marrone). L’uovo era il simbolo di rigenerazione e, non
a caso, questi dolci si riallacciano alla tradizione religiosa, anche se non
mancavano, un tempo, canzonature anticlericali come alcuni "viscotti r’ova",
biscotti a base d’uova e farina, detti ironicamente "affucaparrini",
affogapreti.
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