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Pasqua in Sicilia
L’arte pasticcera esercitata
nei conventi di clausura. |
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Dolce Pasqua |
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Testo di Laura Gentile |
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Rainer Zenz
- 31 Marzo 2006 |
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da Wikimedia Commons
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Simbolo religioso per
eccellenza è l’agnello pasquale; ecco allora agnellini dormienti di pasta
frolla ripieni di cedro candito o i picureddi, pecorelle di pasta reale,
raffigurate in piedi o sdraiate su di un fianco sopra un prato verde ornato
di confetti e ovetti multicolori di cioccolato: immancabile una banderuola
rossa, simile a quella che nell’iconografia sacra è tenuta da San Giovanni.
Erano dolci preparati dalle monache di clausura per i signori dell’epoca, ma
oggi si trovano in tutta le pasticcerie della Sicilia; campeggiano nelle
vetrine insieme alla classica frutta martorana, imitazioni molto elaborate
fatte di pasta reale, tipica produzione delle monache del convento
palermitano della Martorana.
Il dolce per eccellenza della pasticceria siciliana è la cassata, conosciuta
in tutto il mondo. Un tempo era preparata solo durante le celebrazioni
pasquali, come nel napoletano le pastiera, ma oggi si può trovare nel corso
dell’intero anno. Certi detti popolari richiamano alla memoria l’abitudine
ad assaporare questo dolce durante queste festività, perché è mischìnu cu
nun manciàu cassàti ‘a matìna ‘i Pasqua, poveretto chi non ha mangiato
neppure una fetta di cassata la mattina di Pasqua. La cassata è ripiena di
ricotta dolcificata, lavorata fino a renderla cremosa, cosparsa di frutta
candita e cioccolata fondente, arricchita in alcune ricette con gelatina di
albicocca, ed infine ricoperta da uno strato di pasta reale o da una glassa
verde al pistacchio. In origine era un dolce arabo, il quas’at, una sorta di
zuccotto di tuma fresca dolcificata con zucchero, sostituita in seguito con
la ricotta.
Non sono delle piccole cassate, invece, le cosiddette cassateddi, che,
secondo quanto scrive Pitrè sono un «dolce fritto nell’olio e composto di
pasta con dentro ricotta». Fritti sono anche i ravioli, formati da una
sfoglia esterna di farina, strutto, zucchero e vino ed un ripieno di ricotta
impastata con tuorli d’uovo, aromatizzata alla cannella. Non c’è proprio che
dire, questi i dolci, più che i grandi monumenti della cultura siciliana,
continuano a mantenere vive le tradizioni anche fra i più smemorati ed
ignari. Una fatica in meno.
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