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Mario Luzi
Capita di rado
di avere il privilegio
di vivere
momenti speciali
accanto
ad un poeta come Luzi |
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Riflessioni e pensieri
a casa di Mario |
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Testo di Teresa Lazzaro |
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In un attico con un bel terrazzo pieno di piante di un
palazzo di Via Bellariva abita il mio caro amico, padrino e Maestro Luzi.
Sono venuta a trovarlo spesso, ma a differenza di tanti che vanno e
vengono, ho avuto il privilegio di vivere momenti speciali con lui. La
prima volta che pranzammo insieme era vestito proprio come oggi ma con
tanti anni di meno sulle spalle. Indelebile il ricordo del suo primo
incontro con Eugenio Montale: “ Montale era al Viesseux e sommerso di
libri, nel riverbero della fioca luce, e fu alquanto brusco. Del resto lo
era con tutti. Poi con gli anni si addolcì anche perché il Nobel lo aveva
appagato”.
Ora il Maestro è preso dalla frenesia di scrivere a
macchina, una magnifica e preziosa Olivetti con cui ha scritto tutto tranne
i primi due volumi di versi. Copia a macchina prendendo pezzi scritti in
agende diverse ma seguendo uno schema già fissato su fogli di carta a righe
di una banca toscana. Ricopia da una bellissima raccolta di fogli con incise
le sue iniziali, da una vecchia agenda, regalatagli da un caro amico
sacerdote, Don Flori, e da due quaderni diversi dalla copertina verde e
turchese.
Ogni tanto si gira per dirmi qualcosa e sorride anche
con il cuore quando trova un quintino con Snoopy che pesca. “Me li regalava
Bilenchi”, poche parole in cui c’è tutto l’affetto per l’amico scomparso.
Poi aggiunge che deve fare la prefazione alle opere di Romano. Così in
questo periodo in cui vede meno gente si anticipa il lavoro che di solito
avrebbe poi fatto a Pienza “Ora che non ci posso andare” e sottolinea che
il suo amico di tanti estati sta male.
Gli faccio da assistente- cambio solo i fogli nella
macchina per scrivere e così quel noi che qui leggo dal foglio appena tolto
mi riporta all’estate, alla campagna. Squilla il telefono, e sono amici o
scocciatori, cui dico che il Maestro ha gente, così può sistemare i suoi
versi. Scorrono le due dita sulla tastiera ed il suo volto si trasforma in
un qualcosa di magico, una meravigliosa intimità che unisce il foglio
bianco, i quadretti manoscritti, lui e la macchina per scrivere. In questo
momento è come un direttore d’orchestra e con la sua bacchetta dirige i
fonemi e la musica di un mondo in ansia di nascere.
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