Il professore Giacomo Tripodi dell’Ateneo
messinese, ha parlato di un cactus in particolare: la “Lophophora Williamsii”
noto anche come Peyote (senza spine) utilizzato nei rituali degli Apaches,
dei Circahuas e dei Mescaleros. «Nella cultura dei Mescaleros, lo sciamano
utilizza questa ed altre piante, esercitando il suo potere per il bene del
gruppo; quando lo usa per vendette personali viene degradato al rango di
stregone».
Nonostante il riconoscimento del valore storico
di queste culture
millenarie, l’utilizzo della Lophophora è aborrito dall’odierna società
occidentale, per il dannoso influsso che esercita sul sistema nervoso di chi
assume la sostanza, alterandone l’immagine della realtà. La mescalina,
infatti, modifica la percezione della luce, essendo un potente allucinogeno.
E’ la risposta delle piante all’ambiente in cui vivono, poiché per
difendersi dai predatori adoperano strategie deterrenti di vario tipo:
spine, aculei, composti chimici che originano veleni, ormoni, odori, resine,
lattici capaci di modificare la fertilità o la capacità neuronale, riducendo
la percezione dell’ambiente.
Ne consegue che gli erbivori che mangiano il
Peyote perdono la capacità di difendersi a loro volta da eventuali
assalitori. Ancora più fragile e vulnerabile è il cervello umano che
sottoposto all’azione di tali sostanze potrebbe perdere la sua regolare
funzionalità. E’ opportuno pertanto preservarlo da tale rischio.
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