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Tommaso Cannizzaro, il grande erudito e poeta messinese (1838-192l), convinto che la parola verbale volasse via, annotava minuziosamente, in maniera quasi pignola, tutto della sua vita e dei suoi pensieri, adoperando spesso carta occasionale, anche quella grezza per avvolgere il pane e la pasta. Il suo diario "Pellegrinaggio a Hauteville House", rimasto inedito, è una testimonianza delle sue meticolose registrazioni. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Lo stesso sentimento, probabilmente, spinse anche De Amicis a scrivere quella sorta di diario, "Ricordi di Parigi", pubblicato nel 1880 a Milano dai fratelli Treves. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Solo in virtù di questi scritti siamo venuti a conoscenza del fatto che tanto il Cannnizzaro quanto il De Amicis si recarono in visita, in periodi diversi, da Victor Hugo per conoscerlo e rendergli omaggio, spinti da profonda ammirazione; il ventiquatrenne letterato messinese durante i suoi viaggi di cultura nel 1862 e il trentaduenne De Amicis nel giugno del 1878, come si evince dalle sue memorie. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Gli elementi che emergono sono utili se si vuoi operare una sorta di comparazione, dei caratteri e delle situazioni, tra il giovane letterato messinese - che diverrà anche uno stimato traduttore tra l'altro del poema nazionale spagnolo "El Cid" e de "Le Orientali" di Hugo e quello che diverrà il celebre autore di "Cuore". | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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L'ambiente parigino visto e descritto da De Amicis non è quello di Guernesey, dove il Cannizzaro, alquanto emozionato, ma intraprendente per la giovane età fu accolto dal poeta sessantunenne in esilio e godette per una settimana della sua ospitalità. Hugo invita il messinese diverse volte a pranzo e a cena e altrettante si accompagna a lui in lunghe passeggiate, a volte appoggiando la mano sulla sua spalla. Come ricorda lo stesso Cannizzaro: "Insieme uscimmo, ed io, mettendomi al suo sinistro fianco, gli offersi il mio braccio. Egli lo prese con vivace disinvoltura dicendo queste parole che non ho mai dimenticate: Je m'appuis sur votre jeunesse". Non meno affettuosa l'accoglienza di tutta la famiglia dello scrittore: la moglie, il figlio, la figlia Adele e la cognata che viveva con loro. Erano trascorsi ben sedici anni dalla visita di Tommaso Cannizzaro, quando un impacciato e trafelato De Amicis, sconosciuto visitatore dell'"Esposizione" che si teneva proprio in quel periodo a Parigi, saliva alle nove e trenta le scale del palazzo di via Clichy n. 20, spinto, come egli annota "da senz'altra scusa che l'impulso del cuore (...) salivo lentamente; sopra uno scalino mi sentivo un coraggio da leone, sopra un altro mi pigliava la tentazione di voltare le spalle e di scappare come un ladro.( ) Avrei voluto tornare indietro, ma non potevo. (...) C'erano cinquecento De Amicis, di tutte le stature, che ingombravano la scala dietro di me, affollati e stretti come acciughe tra il muro e la ringhiera (...). Pure è una cosa che spaventa quel presentarsi là sconosciuti davanti a un uomo famoso nel mondo, nella grande città che lo festeggia, in casa sua, in mezzo a una folla di ammiratori per dirgli (...) Che cosa? Voglio vedervi!". | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nelle parole di De Amicis si rispecchia anche il
pensiero che aveva animato il giovane Cannizzaro; una grande curiosità fu dunque la molla
primaria a spingere entrambi alla conoscenza di colui che era definito il "miracolo
letterario del secolo". Molte situazioni nella vita dell'ottantatreenne Hugo erano cambiate dal lontano '62, l'ambiente non più silenzioso e tranquillo, come quello di Guernesey, dove il Cannizzaro poteva vantare d'essere il solo ospite estraneo. La casa di Parigi era divenuta una sorta di corte frequentata da giovani ammiratori e personaggi illustri del mondo letterario e artistico. Negli occhi di tuffi i presenti De Amicis coglie la stessa sua ammirazione, la stessa riverenza, verso un uomo che tutti chiamano "Maestro". Anche in Cannizzaro la stessa venerazione, lo stesso entusiastico giudizio, non certo scevro da rispettoso ossequio verso colui il quale per tutta la vita egli definì "mio maestro", pur divenendone, nel corso degli anni, intimo amico e ricevendone stima e fiducia (ne sono testimonianza l'intensa corrispondenza che Hugo intrattenne per anni col Cannizzaro). |
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Nonostante l'età più matura rispetto al Cannizzaro, DeAmicis è più emozionato: "E ora che cosa dirò?" si chiede dopo aver ottenuto l'agognato appuntamento per la sera. E ancora: "Stetti un momento immobile. Mi sentivo poco bene. Feci un passo avanti e mi trovai in faccia a Victor Hugo. (...) Mi guardava con una certa aria affettuosa, corrugando le sopracciglia (...) come se si compiacesse e mi dicesse in cuor suo: Guardami, via; levatene un po' di voglia, povero giovane, perché te la leggo proprio sul viso, e m'hai l'aria d'un buon diavolo sincero. E losservai infatti (...) tutta la sua persona ha qualcosa di poderoso e di atletico, come il suo genio. (...) gli occhi lunghi e stretti, un po obliqui come fauni (...) vivissimi e mobilissimi, che quando fissano penetrano in fondo all'anima. (...) Ora staremo un po' insieme - mi disse - (...) poi verrete là con me nel salotto dove conoscerete alcuni degli uomini più notevoli della Francia. (...) allora assistetti a una scena o piuttosto a una serie di scena tra amene e commoventi (...) un signore venne innanzi e dopo di lui una folla considerevole di gente (...) ebbi la consolazione di vedere che giovani e vecchi, francesi e stranieri si presentavano presso a poco nel medesimo stato in cui mi trovava io al momento di passare la soglia. Ammirai la dolcezza di modi di Victor Hugo. A ognuno andava incontro e gli stendeva la mano con un atto cordiale e semplice ma non si ricordava, naturalmente, del nome di nessuno". | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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