A sei anni Sciascia, involontariamente, sente per la prima volta il nome di
Suor Maria Crocifissa, parente di quel Tomasi di Lampedusa, scrittore
siciliano che la Sicilia e il mondo hanno conosciuto solo dopo la scomparsa.
Seppure “idealmente” è un primo contatto con la grande letteratura isolana,
solo idealmente, perché quel viaggio a Girgenti ricorre nelle memorie di
adolescente, quando più tardi, verso i quattordici anni, cominciò a leggere
Pirandello. Iniziò dalle novelle. “Tutto mi si svolgeva nella Girgenti
che ricordavo da quel primo viaggio: anche quando Pirandello nemmeno
accennava ai luoghi; e quando vidi Il fu Mattia Pascal di Marcel L’Herbier,
con quell’indimenticabile Ivan Mosjoukine (che fu poi Casanova), la quasi
totale mancanza di esterni mi diede la suggestione che dietro ci fosse la
Girgenti che avevo conosciuto, che conoscevo. Che ancora oggi si può
ritrovare”.
Tornando da quel primo viaggio ad Agrigento, il piccolo Leonardo scopre con
meraviglia “che non dovunque l’aria sapeva di zolfo, e l’acqua, e i
frutti”. In tutti i paesi e in tutte le città è dunque possibile non
solo osservare costruzioni o ascoltare gente parlare, cantare, ma scoprire
persino il profumo che hanno le cose. Il suo secondo viaggio fu a Palermo, a
dieci anni. Sciascia, anche di Palermo ricorda gli odori. “L’odore di
frittura dei quartieri popolari: l’odore di limoni, alghe, polpo bollito e
pesce fresco dei mercati; l’odore di gelsomini di via della Libertà”.
Della città ricorda però anche le sue bellezze monumentali. “Le cupole
rosse di san Giovanni degli Eremiti e di san Cataldo, le palme, la pietra
del palazzo dei Normanni, gli stucchi barocchi, i mosaici, i ferri battuti
del liberty. E la meraviglia delle strade dritte. Ma lo stupore più grande
lo ebbi al palazzo dei Normanni: il soffitto della Palatina, i mosaici della
sala di re Ruggero (gli animali soprattutto), la sala dei vicerè con quei
ritratti intorno a grandezza naturale. Mi colpiva il gesto d’imperio in cui
erano stati ritratti alcuni, il contrasto che c’era in altri tra la
decadenza fisica e l’autorità e ricchezza di cui erano vestiti e circondati.
Non so se perché allora se ne parlasse, ché volevano rimetterla o l’avevano
già rimessa, o forse perché avevo letto qualcosa sui viceré che condannavano
o facevano grazia, ma dentro quella sala mi assalì angoscioso il pensiero
della pena di morte: e ancora oggi, appena vi metto piede, automaticamente
mi scatta quel pensiero”.
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