Elcèd77 - Agosto 2007
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Ancora più evidente appare l'influenza fenicia per la diffusione di determinate forme ceramiche che, di origine indiscutibilmente siro-palestinese e cipriota, trovano un esatto corrispettivo nel repertorio dell'isola dell'età del Ferro. Per la fase storica, invece, ossia per il periodo che va dall'VIII/VII sec. a.C. alla romanizzazione dell'isola, le evidenze archeologiche sono molto più generose, ed è possibile ricostruire chiaramente un background culturale fenicio, ripercorrendo in maniera sistematica i resti sul territorio delle più importanti polis fenicie: Mozia, Panormo, Selinunte, Solunto, Favignana, Pantelleria, Erice. Nell'impossibilità di tracciare in questa sede un quadro esaustivo, si è scelto di esaminare il caso di Mozia, centro non a caso nominato per primo dallo storico greco Tucidide, senza dubbio il più rappresentativo della cultura punica in Sicilia. L'isoletta di Mozia antistante Trapani, odierna San Pantaleo, fu roccaforte fenicia fino alla sua distruzione, avvenuta per opera del tiranno di Siracusa Dionisio I nel 397 a.C. L'isola, disseminata a tutt'oggi di rovine puniche, è circondata lungo tutto il suo perimetro da mura, percorrendo le quali è possibile distinguere la presenza di torri e porte principali e minori. Non potendo soffermarci dettagliatamente su ogni particolare delle numerosissime impronte fenicie di Mozia, diventa essenziale citare almeno i resti del tophet, un particolare tipo di santuario fenicio nel qual si praticavano riti sacrificali di bambini in onore del dio Baal Hammon. Numerose stele votive trovate in quest'area sacra, accanto a vasi atti a contenere le ceneri dei defunti, ricordano questi riti sacrificali, e divengono fondamentale testimonianza per comprendere aspetti religiosi e civili della civiltà siculo-fenicia. Proprio le stele di Mozia, infatti, fugano ogni dubbio sul prevalere del culto di Baal Hammon su quello di Tanit, in genere prevalente in ambiente punico. Tale culto fra l'altro è ravvisabile anche nei simboli tracciati in alcuni resti di pavimenti selinuntini databili tra IV e III sec. a.C.
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