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La
storia di Acragas non si presenta con la stessa pura grandezza con la quale simpone
quella di Siracusa, e si pensa quasi che codesta città ellenica, effeminata, lussuriosa e
dedita ad ogni voluttà, meritasse di precipitare. I suoi cittadini obliosi delle virtù
dei loro antenati, non ebbero neppure nell'ultima, disperata ora il coraggio di morire
combattendo; anche i nomi dei tiranni agrigentini hanno come un suono più crudele che
quello dei tiranni siracusani: anzi. in tutta l'antichità non si trova un nome che suoni
così spaventevole come quello del tiranno agrigentino Falaride. |
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Non
mai un'ombra tanto nera e tetra si stese sopra una città come quella che ricopre,
attraverso tutti i tempi, il recinto del tempio dove Falaride fece rinchiudere i suoi
nemici prigionieri nel ventre d'un toro di bronzo, compiacendosi di udirli urlare mentre
lentamente bruciavano. Il culto di Moloc fu portato in Europa por la via di Acragas e
quivi la crudeltà punica fece le sue prime prove. Cosi nel nome di questa città è
restato qualche cosa di nefasto, tanto che neppure il ricordo del giudizioso Terone e del
grande - sebbene un po' fantastico - filosofo e politico Empedocle valse a mitigarne il
sinistro significato. |
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Acragas cadde, ripetiamo, ignominiosamente,
abbandonata dai cittadini senza combattere, allorquando la investirono i Cartaginesi.
Immensa fu la preda dei vincitori, che appiccarono il fuoco, atterrarono gli edifici
sacri, in parte non ancora compiuti, fecero in pezzi i quadri e le statue. La città fu
riedificata, ma non si riebbe; nelle guerre puniche, tenendo la parte di Cartagine, fu
presa dai Romani, i quali vi imperversarono a loro volta, distruggendo il poco che era
sfuggito alla devastazione di Amilcare: e allora anche il nome andò perduto, poiché da
Acragas si fece Agrigentum. Altra grande e definitiva rovina, fu quella portata dai
Saracini, i quali vi trasferirono una nuova popolazione e soffocarono sotto il semitismo
gli ultimi rampolli dell'antica razza ellenica. |
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