«I proprietari delle terre vicine erano febbrilmente occupati in tutte le
direzioni ad abbattere gli alberi che stavano sulla linea del fuoco che avanzava, ma in
molti casi non riuscivano a farlo abbastanza rapidamente per salvarli dalla distruzione;
ed era alquanto interessante osservare l'effetto prodotto su molti begli alberi che, prima
completamente seccati dal calore della massa incandescente, pochi minuti 'dopo venivano
raggiunti dalla lava e, incendiati alla base, si abbattevano e restavano distrutti. Poiché era domenica, tutta la popolazione era
venuta vedere l'avanzata del nemico e si sentivano attorno da ogni parte preghiere e
invocazioni a vari santi. « Chiamate Sant'Antonio,
Signor », mi disse ansiosamente una donna, « per
l'amor di Dio, chiamate la Santa Maria ». Intorno,
molte donne si inginocchiavano, assorte nella loro angoscia e nelle loro preghiere, mentre
gli uomini in generale stavano in silenzio a guardare sgomenti la scena davanti a loro. La nostra guida era un povero violinista da
strapazzo rimasto senza lavoro a causa
della rigida penitenza imposta con la speranza di allontanare la calamità incombente;
infatti, il ballo e la musica erano stati vietati in special modo, per quanto poco, in
quelle circostanze, si potesse aver voglia di dedicarvisi. |
A sera ci apprestammo a fare una cavalcata per vedere la Bocca di Fuoco, situata presso il Monte Lepre
nella zona superiore della Regione Selvosa, all'altezza di circa 6000 piedi. Cavalcammo per circa 5 miglia su un terreno assai
simile a quello che avevamo attraversato dallaltro lato della montagna, composto da
ampie piste di vecchia lava con macchie isolate di vegetazione e qua e là qualche
quercia. Al riparo di una di queste lasciammo
le mule e procedemmo sotto le direttive di un ragazzo che fungeva da guida. Raggiungemmo dapprima una piccola colata di lava
venuta fuori durante l'eruzione e la seguimmo sino ad arrivare quasi di fronte al cratere;
,allora, salendo su una montagnola che stava tra questo e noi, arrivammo a vedere in pieno
una scena tra le più grandiose e terribili alle quali lo abbia mai avuto la ventura di
assistere. La sera era scesa e c'era un buio
completo, cosicché nulla poteva sciupare l'effetto o sminuirlo. La sola cosa a cui possa paragonarlo, per quel che
si può dedurre da certe rappresentazioni di scene di questo tipo, è l'esplosione di una
enorme nave da guerra, solo che l'effetto era continuato, invece che solo momentaneo. Giusto di fronte a noi in linea retta c'era la
spaccatura nel fianco della montagna da cui scorreva la lava in un ampio torrente di fuoco
liquido; masse di lava erano state spinte ai due lati formando man mano che si
raffreddavano due sponde nere e irregolari, ed il tutto dava l'immagine più vivida di una
descrizione poetica del Flegetonte. Le fiamme
si innalzavano dall'abisso fino ad un'altezza considerevole e in alto, sopra di esse,
l'aria si riempiva ininterrottamente di grosse masse incandescenti, proiettate a grande
altezza e seguite, mentre ricadevano, da -aria nuova esplosione; il ruggito delle fiamme e
lo schianto dei massi incandescenti che cadevano erano incessanti. Attraversata una vallata che stava in mezzo,
salimmo su un'altra collinetta e da lì dominavamo la vista del terreno su cui cadevano
molte delle pietre eruttate; sebbene ci trovassimo sopravento, le ceneri cadevano fitte
intorno a noi. Anche alla distanza alla quale
eravamo, c'era luce bastante per leggere stampe a caratteri minuti e scrivere, con la
massima facilità. Il termometro segnava
quasi 40', ma per quanto facesse freddo, ci volle un po' di tempo prima che ci decidessimo
a dare l'ultima occhiata a questo spettacolo straordinario e dopo, il nostro cammino fu
rallentato dalle continue soste fatte per guardare il meraviglioso effetto della luce
attraverso il Bosco nel quale ci eravamo
inoltrati al ritorno.
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A causa dell'oscurità, impiegammo oltre un'ora per trovare il posto dove
avevamo legato le mule e ci vollero altre tre ore per spingerle avanti sulla lava sino in
paese, dove giungemmo senza una sola caduta, grazie alle zampe sicure dei nostri animali.
Non arrivammo a casa che dopo mezzanotte-, per rifocillarci, il nostro solerte servitore
aveva del cibo pronto che giunse molto gradito e fummo tutt'altro che dispiaciuti
nell'apprendere che non era riuscito a trovare alcun mezzo di trasporto disponibile per la
prima mattinata del giorno successivo. Dopo
cena, ce ne andammo a letto più per mancanza di sedie che con l'idea di addormentarci
subito; infatti, fra diverse pipate e molti discorsi su quello che avevamo visto, si
fecero le ore piccole prima che spegnessimo la luce ». |