Se per la Cappella Palatina si è
parlato di “restauri”, per quanto riguarda l'intero Palazzo dei Normanni si
può parlare di distruzioni vere e proprie. Abbandonato dai vicerè di Aragona
e poi di Spagna, che
si trasferirono nel Palazzo Chiaramonte e poi
nel
Castellammare, quando agli inizi del '500 fu visto da Leandro Alberti in
completa rovina sia nelle mura che nelle torri. Ed è proprio nel periodo che
iniziarono le prime demolizioni. Nel 1535 Ferdinando Gonzaga inizia a
demolire e modificare le torri. Alcune ne rimangono ancora in piedi nel 1581
a dar credito alla carta topografica di Palermo
incisa in quell'anno a Siena da Matteo
Florimi. Ma già in successione Marc' Antonio Colonna ed il viceré Maqueda,
agli inizi del Seicento e anni successivi, ricostuiscono in forme
ancora di primo Rinascimento
le logge
del Cortile della Fontana e dell'altro cortile sul quale prospetta il
fianco della Palatina, nonché la zona
basamentale del nuovo palazzo, ultimato dal Marchese Vigliena.
Successivamente la Torre Greca venne cancellata, rimasero la Torre Pisana,
l'affiancata Gioaria e le strutture
normanne
volte verso il Kemonia, adibito a
prigioni, e verso occidente, dove tra il '60 ed il '70, avvennero
trasformazioni per ottenere la famosa «Sala d'Ercole ». Nel
1735, il Re Barbone di Napoli, Carlo III fa costruire lo
scalone
d'onore, al quale si accede dal cortile
del Duca di Maqueda.
La Reggia Normanna è uno dei più splendidi gioielli dell'architettura
normanna, centro di cultura del Mediterraneo e frequentato da nomi come
Edrisi e Pietro di Blois, dove vi furono promosse le traduzioni da Platone, Aristotele e Tolomeo
e dove, in epoca sveva, svolse la propria opera la
corte di Federico Il, e quella « scuola siciliana» dalla quale nasce la
poesia italiana. Questa opera giunge a noi con il sapore di una regalità
delegata e spagnolesca, ma al tempo stesso con uno spessore e valore storico
e artistico senza pari, valore di una storia vissuta dal monumento stesso
nelle sue innumerevoli trasformazioni. |