Non avendo eredi diretti, alla morte di
Guglielmo II, normanno, si scatenò la lotta per la sua successione. Le
fazioni erano due: quella
dell’arcivescovo Gualtiero Offamil e quella
del vice cancelliere del regno
Matteo d’Aiello. La prima sosteneva l'incoronazione del regno siciliano
di Enrico VI di Svevia, avendo l'arcivescovo favorito il suo matrimonio
con Costanza d’Altavilla. La seconda propugnava il diritto di Tancredi,
conte di Lecce e figlio naturale di Ruggero II, bandito da Guglielmo I e
richiamato in Sicilia da Guglielmo II. Nel 1190 il parlamento siciliano
prese posizione a favore di Tancredi, ribadendo fortemente la sua Voluntas Siculorum.
La lotta per la successione al trono
non si fermò per questo. Continuò il sottile gioco politico di alleanze.
I baroni pugliesi, capitanati da Rinaldo conte di Andria, si
ribellarono, caldeggiando con una richiesta d'aiuto l'intervento di
Enrico VI. Riccardo Cuor di Leone pretendeva, intanto, la restituzione
della dote della sorella Giovanna, vedova di Guglielmo.
Contemporaneamente in Sicilia si ribellavano gli arabi insediati.
Tancredi operò per il superamento di questo quadro fosco e bisogna dire
che abilmente vi riuscì. Cercò anche di espandere le alleanze a suo
favore quando fece sposare il suo primogenito Ruggero con la principessa
Irene, figlia dell’imperatore bizantino Isacco l'Angelo.
Se tutto sembreva risolto, lo smentì la storia. Enrico VI non rimase a
guardare e anch'esso cercò l'alleanza con altri centri di potere. Per
prime le repubbliche marinare di Genova, Pisa e Venezia. Poi rinsaldò il
rapporto con i baroni pugliesi ribelli. Con il suo esercito scese poi in
Italia. Tancredi si vide nella necessità di opporsi al re svevo. Le sue
truppe si scontrarono con quelle tedesche a Salerno. La battaglia arrise
a Tancredi, che riuscì addirittura a fare prigioniera la stessa Costanza
d’Altavilla, moglie di Enrico VI, che nel frattempo era stato costretto
a tornare in Germania a causa di una pestilenza che vi era scoppiata
(1191). Per intercessione di papa Celestino III, alleato di Enrico VI,
Tancredi, cavallerescamente liberò l'importante ostaggio (1192).
Il destino non era favorevole, ciononostante, a Tancredi: in un paio
d'anni la situazione si capovolse a favore degli svevi. Il "vincitore",
ormai anziano, vide morire suo figlio Ruggero, suo successore diretto.
Forse per il dolore, forse per la durezza della situazione, Tancredi
morì il 20 febbraio 1194. Nel maggio di quell'anno, cercando di mettere
riparo all'incredibile situazione, il parlamento siciliano riconobbe re
il secondogenito di Tancredi, col nome di Guglielmo III, che però era
giovanissimo, e quindi la reggenza temporanea della regina Sibilla. |
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