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  La città di Agrigento   
 
 
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LA CITTA' DI AGRIGENTO
    
« Te invoco,
  
città di Persefone, città
   la più bella fra

                        
[quante
   albergo son di uomini, o amica del
                         [fasto ...
»
   (Pindaro, dodicesima ode pitica)
   
     La fondazione di Akragas    
     
     

 
 
 

"Girgenti - Tomba di Terone".

 

Giovanni Crupi (1849-1925) - Circa 1900
 







 
da Wikimedia Commons

 
 

 Coloni greci provenienti da Rodi e da Creta, navigando verso ovest, sbarcarono sulla parte meridionale della Sicilia. Ivi fondarono nel 689 a.C. la città di Gela, alle foci del fiume omonimo. Nella zona gli abitanti locali, i Sicani, opposero resistenza ai greci, che si ritrovarono a combattere per consolidare le loro posizioni. Tra il VII e il VI secolo, iniziarono una lenta ma continua penetrazione verso l’interno, lungo le valli del Gela e del Salso. Fondarono piccoli villaggi agricoli e centri fortificati (Manfria, Li­cata, Castellazzo di Palma, Montelusa). Spingendosi sempre a nord-ovest, i coloni geloi, guidati da Aristonoo e Pistilo, fondarono nel 581 a.c. la città di Akragas (l’odierna Agrigento), che prese, anch’essa, il nome dal fiume limitrofo (l’odierno torrente San Biagio).

Come molte fondazioni del re­troterra geloo-agrigentino (da Monte Adra­none a Gibil Gabib, da Monte Sabucina a Capodarso), anche questa, avvenne in un area difendibile, grazie a tre lati coperti da rilievi e declinanti verso sud, cioè, verso il mare. A nord vi era la città su una rupe, a sud l’area sacra dei templi. Fu descritta anche dallo storico Polibio.

L’area, ovviamente, era già stata abitata in epoca preistorica. Scavi hanno rinvenuto tracce di antichi villaggi di capanne lungo il lato meridio­nale della collina. Resti di ca­panne della tarda età del bronzo furono rinvenute sotto il Santuario delle Divinità Ctonie, mentre ad ovest del tempio di Zeus, si è scoperto uno strato di ceramica neo­litica con ornamenti del tipo soprannominato di Stentinello e Matrensa. Se è ipotizzabile che gli abitanti dell’età del bronzo abbiano commerciato con navigatori micenei, si ritiene che, al momento della fondazione di Akragas, fossero già scomparsi.

La città, mentre veniva costruita sia la parte civile che religiosa, fu retta, con tutta probabilità, da governi oligarchici. Questo fino al 570 a. C. quando un importante cittadino, Falaride, approfittando di alcune cariche prestigiose che copriva (si ritiene la costruzione del tempio di Zeus Polieus), s’impossessò della città, divenendone il tiranno. Governò dal 570 al 554 a. C.

Per rinsaldare la propria egemonia, portò avanti la conquista di città sicane all’interno dell’isola, la penetra­zione nel territorio di Gela, con l’edificazione di punti fortificati quali Ekno­mos e Phalarion e il tentativo di  conquistare Imera.

Molte sono le leggende legate ai tiranni sicelioti: furbizia e crudeltà vengono inscindibilmente legate loro (tra gli altri grandi tiranni citiamo: Ge­lone, Dionigi e Agatocle), sta di fatto che essi svolsero politicamente e militarmente opera di aggregazione e diffusione della civiltà greca, anche in funzione antipunica. Sulla Sicilia la potenza cartaginese, infatti,  aveva già costruito propri avamposti che minacciavano le nuove polis.
Falaride, come capitò ad altri tiranni, fu ucciso da un certo Telemaco, che, semplicemente, ne prese il posto. A tiranni seguirono tiranni: Alcamene, cui succedette Alcandro.

La città ebbe un progressivo sviluppo economico. Nella seconda metà del VI secolo a.c., attraverso l’esportazione di cereali, vino e olive, e l’allevamento di bestiame e dei cavalli, ben presto Akragas divenne ricca e notoria. A questa evoluzione parallelamente iniziò la monetazione. Furono coniate monete d'argento, te­tradrammi e didrammi, raffiguranti da un lato l'aquila e dall’altro il granchio.   

La città di Agrigento raggiunse il suo picco di importanza sia in campo economico che in quello militare, sotto il dominio di un tiranno particolare: Terone della famiglia degli Emmenidi (488-473 a.c.). Il suo governo fu giusto e moderato. Anziché impegnarsi un guerre, portò avanti una politica d’alleanze, stringendo rapporti di parentela con gli altri tiranni siciliani. Sposò, infatti, una figlia di Polizelo, fratello di Gelone di Siracusa- Questi, a sua volta, una figlia di Terone, Damarete. Il tiranno agrigentino non cessò, come i suoi predecessori, di tentare la conquista di Imera. Questa governata da  Terillo, assieme al suocero Anasilao, nel tentativo di resistere, chiese aiuto ai Carta­ginesi. A sua volta l’agrigentino concluse un’alleanza con Gela e Siracusa. Nel 480 a.c. l'esercito cartaginese gui­dato da Amilcare, si scontrò con l’esercito greco sulla pianura di Imera. La battaglia fu durissima. La forza della cavalleria greca sbaragliò i cartaginesi e lo stesso Amilcare si suicidò. I sopravvissuti cartaginesi si sparsero nella zona di Agrigento, ma furono ben presto catturati e resi schiavi.
Essi furono condannati, in pratica, ai lavori forzati, e impiegati nella costruzione di grandi opere pubbliche, come il grandioso tempio di Zeus Olimpio. Contemporaneamente l’architetto Feace ideava e realizzava la rete di acquedotti sot­terranei, che divennero esempio, per i tempi, di perfezione e funziona­lità.
 
 
 
 

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2009