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Per un breve periodo, tra
il 286 e il 280 a.C., sotto la tirannide
dell'agrigentino Finzia, la città riprese la sua libertà dalle diverse sfere
d’influenza politica. Questo operò militarmente, soprattutto, verso la parte
est della Sicilia. Distrusse definitivamente Gela, deportandone gli abitanti
a Finziade, da lui fondata (nel sito dell'attuale Licata). Dopo la morte
del tiranno. Agrigento sperò nella spedizione di Pirro, che però non ebbe
fortuna. La città siciliana rimase fatalmente in mano cartaginese e fu punto
di scontro nella prima e nella seconda guerra punica. L’esercito cartaginese
elesse Agrigento come base delle loro operazioni di guerra. Fortificarono le
mura e vi si stabilirono. A tali manovre i romani risposero mettendo sotto
assedio la città per oltre cinque mesi. Dall’Africa giunse allora un secondo
esercito, che tentò di prendere a tenaglia i romani. Questi, capitanati dai
consoli romani Lucio Postumio e Quinto Mamilio, sbaragliarono il nemico, che
abbandonò di notte Agrigento. I vincitori entrarono in città indisturbati
saccheggiandola e facendone schiavi gli abitanti. Per altre due volte, nelle vicende
alterne delle guerre puniche, la città fu riconquistata dai romani:
nel 255 e, definitivamente, nel 210 a.C
con la fine delle ostilità. Akragas sotto il dominio romano ebbe il nome
latinizzato di Agrigentum.
Nel 207 a.C. giunsero coloni
romani, e poi in epoca augustea. Agrigento perse ogni importanza politica,
rientrando nell’immenso impero romano. Il lungo periodo di stabilità e pace,
ne consentì un lento ma progressivo sviluppo.
La città, nell’amministrazione romana
della Sicilia, era «civitas decumana
»,
pagava, cioè, un tributo annuale.
Mantenne, però, magistrature
cittadine di tipo greco.
Del periodo romano rimane traccia
archeologica nell’area presso la chiesa di San Nicola, dove è stata
rinvenuta una cavea (del II o III secolo a.C.), probabilmente utilizzata
per le riunioni dell'assemblea
popolare.
Nel I secolo a.c. anche Agrigento soffrì
delle ruberie di Verre, il quale dopo aver fatto rubare d'al tempio di
Esculapio una statua di Apollo dello scultore Mirone, tentò di impossessarsi
anche della grande e venerata statua di Ercole nel tempio a lui dedicato.
Fallì miseramente per l’intervento dei cittadini che scacciarono i soldati
di Verre.
In età imperiale, Agrigento conobbe un
grande sviluppo, dovuto, non solo dell’ingente produzione agricola, ma anche
dell'industria dei prodotti tessili e quella dell'estrazione dello zolfo.
Tutte questa produzione passava attraverso il suo porto, nell'emporio,
citato da Strabone e Tolomeo. Anche Plinio sottolinea la sua importanza
come «statio» terminale. L’opulenza e la magnificenza del periodo imperiale ad Agrigento è comprovata dal rinvenimento di abitazioni private romane rimesse in luce nel Quartiere ellenistico-romano, ricche di pitture parietali e mosaici policromi. |
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