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LA CITTA' DI AGRIGENTO
Bullet7blu.gif (869 byte) La fondazione di Akragas
Bullet7blu.gif (869 byte) Pindaro, Empedocle e la cultura in Sicilia
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Atene e Cartagine minacciano l’isola

Bullet7blu.gif (869 byte) Il periodo romano

Bullet7blu.gif (869 byte) La nuova decadenza della città

Bullet7blu.gif (869 byte) Il centro storico di Agrigento

 

Bullet7blu.gif (869 byte) La cinta muraria e la struttura difensiva
Bullet7blu.gif (869 byte) La Valle dei Templi di Agrigento
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Il Museo Archeologico
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Gli eventi culturali agrigentini
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LA CITTA' DI AGRIGENTO
    
« Te invoco,
  
città di Persefone, città
   la più bella fra

                        
[quante
   albergo son di uomini, o amica del
                         [fasto ...
»
   (Pindaro, dodicesima ode pitica)
   
    Pindaro, Empedocle
     e la cultura in Sicilia
   
     
     

 
 

Tempio di Ercole (Temple d'Hercule), Agrigento

 

poudou99 - Settembre 2008
 

 

 

da Wikimedia Commons

 

Agrigento e Siracusa, pur entrambe vittoriose su Cartagine, non potevano che terminare il sodalizio, a causa della rivalità tipica tra tiranni. Alla morte di Gelone di Siracusa, il figlio Gerone, temendo rivalità con l'altro suo fratello Polizelo, che si era rifugiato ad Agrigento, raccogliendo richieste d’aiuto dagli imeresi, pesantemente governati da Trasideo, figlio di Terone, si decise a muovere guerra ad Agrigento. Schierati gli eserciti uno di fronte all’altro, la leggenda narra dell’intervento del poeta Simonide, che, grazie all’importanza data allora nelle corti agli intellettuali, riuscì a rappacificare i due contendenti.
In effetti la cultura più elevata andava svolgendosi nelle corti siciliane. Oltre a Simonide, possiamo citare:
Bacchilide, Eschi­lo e soprattutto Pindaro, per i rapporti d’amicizia che lo legavano alla famiglia degli Emmenidi. Pindaro innalzò gli agrigentini a livello della somma lirica, cioè del mito, che rese questi praticamente immortali. Pin­daro compose alcune delle sue odi più celebri in loro onore: la seconda e la terza ode olimpica e la sesta ode pitica e  scriverà, successivamente, la seconda ode istmica a perenne gloria di Trasibulo, ni­pote di Terone. Nella dodice­sima ode pitica, che celebra la vittoria nelle gare musicali del flautista agrigen­tino Mida, per l’amore portato ad Agrigento, la inizia apostrofando così la città:

« Te invoco,

città di Persefone, città la più bella fra
                                                [quante

albergo son di uomini, o amica del
[fasto ...
»

 

Con la morte di Terone nel 473 a.C. e la successione di Trasideo, si apre un nuovo capitolo per la città. Tale era la sua crudeltà, che gli stessi agrigentini e imeresi, chiesero soccorso a Gerone di Siracusa. Accorso in loro aiuto, Trasideo fu sconfitto, e poi a Megara Nisea, dove si era rifuggiato, fu ucciso. La direzione di Agrigento passò, inizialmente, nelle mani di un governo semiaristocratico (circa mille cit­tadini tra i più ricchi e importanti). La strada aperta portò, ben presto, alla democrazia: tutti i cittadini ne furono investiti. A questa soluzione si giunse, si narra, grazie all’appoggio di Empedocle, geniale agrigentino stimatissimo dai suoi concittadini, quasi come un dio.

Empedocle è passato alla storia per le sue ricerche e studi in diversi campi della cultura. In effetti, fu filosofo, scienziato, poeta, medico e taumaturgo. Dei due poemi che compose ci rimangono circa 400 versi. Il primo fu «Sulla natura» di carattere scientifico, il secondo «Le purificazioni» di tipologia etico-religiosa.

La sua fama, che lo ha fatto arrivare sino a noi, ha origine da intuizioni scientifiche del tutto innovative. Lasciando la strada battuta dalla scuola di Mileto, Empedocle ipotizzò, distinguendo tra natura e forza, all’origine della vita e del mondo, la diversa fusione e separazione dei quattro elementi principali (acqua, terra, aria e fuo­co), ottenuta con l'azione di forze d'attrazione e repulsione, che Empedocle chiamava poeticamente odio e amore. Per questo è ritenuto, a tutti gli effetti, un precursore della chimica moderna.

Nel campo della fisica, incredibilmente, Empedocle ipotizza che l'aria ha le caratteristiche di un corpo, mentre la luce è una «.sostanza fluente» che si diffonde attraverso lo spazio. Tale intuizione è stata dimostrata dalla attuale teoria elet­tromagnetica della luce.

Il V secolo a. C. (l’epoca di Empedocle), fu per la città di Agrigento, l’età della ricchezza e del benessere. La pace regnò, sostanzialmente, in Sicilia, se si fa eccezione della rivolta dei Siculi. Guidati da Ducezio, furono, ben presto, sconfitti intorno al 450 a.c.

Tale era in Agrigento la vita, che Empedocle stesso scrisse che i suoi concittadini «mangia­vano come se avessero dovuto morire il giorno dopo e costruivano come se non avessero dovuto morire mai».  Si viveva, scrive Diodoro Siculo, nella raffinatezza e nel lusso, indossando vesti morbide, e  monili d'oro. Nelle palestre venivano utilizzati stri­gili e unguentari d'oro e d'argento. La grandezza e lo spreco era tale che l'agrigentino Esseneto, vincitore alle olim­piadi, fece rientro in città scortato da trecento bighe con cavalli bianchi.
 
 

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