Lo studio dell'umanità ha messo in luce l’estrema eterogeneità soprattutto a
livello culturale di essa. Così, dall’antropologia è nata
l’antropologia culturale, che studia le caratteristiche e le
differenze tra società e società, come tra gruppi, che possono
proprio a livello culturale differire tra loro. Ultimamente si è
giunti nella convinzione che non è mai esistito un uomo
completamente nello stato naturale, in quanto esso tende a
rielaborare le proprie esperienze, condividendole con altri
individui della sua
stessa specie. Cultura e società convivono, quindi, tra loro sin dai
primordi, anche se molto lontani nel tempo. Se la cultura
generalmente si apprende e si crea in un determinato contesto
ambientale e sociale, gruppi distanti fra loro avranno culture
diverse tra loro. Necessariamente l’antropologia culturale
esiste su tematiche locali (come il folclore e l’etnologia),
sia a livello generale, come studio sui rapporti tra gruppi diversi,
che denotano il rapporto generico tra uomini di società diverse. Il
termine “cultura”, di per sé, comprende varie tipologie e quindi
esistono più tipi di culture.
Cenni storici L'antropologia culturale nasce nell’Ottocento negli Stati Uniti. Essendo
uno stato giovane, di recente formazione, si ebbe la necessità di
una definizione antropologica in campo culturale. La differenza,
infatti, tra la vecchia Europa e il nuovo continente era tale, che
si cercò una nuova base culturale ed identità da cui partire. Lo
studio sulle vecchie società e il loro sviluppo nella storia, mirava
alla comprensione dei meccanismi che erano all'origine degli usi e
dei costumi di ogni popolo. Per fare questo necessitava una
conoscenza reale dei vari gruppi etnici.
Tra gli studiosi che
avviarono questo tipo di studi vi furono Lewis Henry Morgan, Edward
Burnett Tylor e l’inglese James Frazer. Erano ricercatori più che
altro teorici, perché operarono su materiali recuperati da altri, in
giro per il mondo.
Gli studi, comunque, nel XIX secolo si
incentrarono soprattutto
sulle similitudini e le differenze tra gruppo diversi. Alcuni
ritenevano che le somiglianze dipendessero da reciproche
contaminazioni, mentre altri sostenevano la possibilità che le
somiglianze fossero comunque un prodotto autonomo, a causa di
meccanismi antropologici comuni. Quest’ultima teoria è stata
rifiutata nel corso del XX secolo. L’antropologo Julian Steward ha
avanzato l’ipotesi che le similitudini possano derivare da
condizioni ambientali comuni. In ogni caso, si è rifiutata la
tendenza a cercare leggi universali o generalizzazioni
sull’essere umano.
Nel secolo scorso si
è imposta una pratica di ricerca sul campo, con lo studio
dall’interno del gruppo sociale sottoposto ad analisi, passiva o
attiva secondo altri. Due sono le scuole di pensiero. La prima,
europea, si interessa sui rapporti parentali e sociali
dell’individuo. La seconda, americana, si interessa soprattutto
sulla volontà e i miti simbolici della società di appartenenza.
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