L’area del promontorio di Pachino fu abitata sin
dai primordi. . Si ritiene
sin dalle prime
epoche preistoriche anche se non si possiedono testimonianze che lo
comprovino. I primi resti ritrovati nella zona sono stati rinvenuti
nella grotta Corruggi
e risalgono a
circa 10.000 anni fa.
Tra i ritrovamenti,
vi sono coltelli, lance, raschiatoi, punteruoli, aghi ed altro.
Questi sono custoditi attualmente nel Museo archeologico regionale
Paolo Orsi di Siracusa. Nel periodo neolitico, che va dal'8000 al
1500 a.C., i
primitivi iniziarono ad abitare nelle grotte. La più famosa della
zona è quella di Calafarina. Successivamente, fino alla comparsa dei
Siculi, nacquero villaggi nei pressi di Cugni di Calafarina",
dove sono stati
ritrovati una
necropoli, un
dolmen
funebre ed un forno per la lavorazione dei metalli. Fu proprio
l’archeologo Paolo Orsi a riportarli alla luce.
Successivamente, nella zona di Pachino si insediarono fenici e greci
(nel 750 a.C.).
Alcuni storici collocano la nascita del nome in questo periodo. Il
toponimo Pachino avrebbe origine dal fenicio pachum (il significato sarebbe "guardia"). Altri ricercatori lo
collegano a Pachys Oinos (significante "terra abbondante di
vino"). Secondo il Fazello, infatti, il nome deriverebbe dal greco
antico pachys, che esprime il concetto di
"abbondante", "fertile".
In età romana fu
sviluppata la pratica agricola, soprattutto, la coltivazione della
vite e del frumento. In funzione di essa fu sviluppato anche
l’aspetto commerciale. Ci rimane, del periodo ellenistico, un
tempietto votivo agreste situato in località Cugni.
Quest’ultima per la ricchezza di resti storici continua a fornire
antichi manufatti, tanto da poter essere considerata un vero e
proprio parco archeologico. In essa si trovano, ad esempio traccie
chiare dell’antica via Elorina.
Gli insediamenti e la zona
geografica di Pachino vengono citate da Virgilio nell’Eneide,
insieme all’insediamento dell’antica Camarina, posta nelle sue
vicinanze:
«
...Meglio è con lungo indugio e lunga volta girar Pachino e la
Trinacria tutta, che, non ch'altro, veder quell'antro orrendo,
serntir quegli urli spaventosi e fieri di quei cerulei suoi
rabbiosi cani... ...Rademmo di Pachino i sassi alpestri,
scoprimmo Camarina, e 'l fato udimmo, che mal per lei fôra il suo
stagno asciutto... »
(Virgilio, Eneide,
III-1095)
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