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Naturalmente, il passaggio della dinastia sveva in Sicilia va soprattutto ricordato per le azioni volte alla riorganizzazione del Regno ed ai segnali di una nuova corrente artistica ed architettonica, di cui ancora oggi restano tracce eloquenti. L’opera di edificazione dei monumenti svevi siciliani più significativi, ancora fruibili, si svolge interamente durante il governo di Federico II di Hohenstaufen. Egli fu anche promotore della fondazione di nuovi centri abitati. In Sicilia vanno ricordati Augusta ed Eraclea, configurate sul modello della pianta regolare a scacchiera, motivo, questo, che si protrasse fino al XIV secolo. Già nel 1220 Federico dispose, dopo la promulgazione dell’Editto di Capua, che nessun castello dovesse essere costruito senza il suo permesso e non venissero eseguiti restauri. Le Costituzioni di Melfi ribadirono le stesse disposizioni. In oltre, dopo la loro emanazione, essendo stata sconvolta la struttura legislativa del Regno attraverso la cancellazione di forti privilegi e l’imposizione di un potere centralizzato, si rese necessaria, per frenare e controllare l’ondata di insurrezioni da parte della popolazione dell’isola, una rete di fortezze impiantate nei punti strategici lungo la costa e nell’entroterra. La fonte più utile per risalire alle notizie riguardo gli aspetti amministrativi dei castelli o alle date di fondazione sono i registri del 1239-40. Essi forniscono, però, scarse informazioni sui particolari artistici e architettonici o sulle maestranze. Tranne a Milazzo, Trapani e Lentini, dove le fortezze sono opera del restauro di strutture già esistenti, l’imperatore Federico preferiva fondare costruzioni nuove, spesso nelle immediate vicinanze di edifici simili. Il loro mantenimento, o il restauro, ricadeva tutto sul popolo, costretto a versare costosissimi tributi alle casse della Corona.
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