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  Cum avibus, falchi
  e castelli
   
     
Testo di Marco Pugliatti     

     
 
Palazzo La Cuba, Palermo

 

Attilios - 7 December 2005
 
 
 
 
da Wikimedia Commons
   

I castelli erano considerati “instrumenta regni”, controllavano gli spazi più importanti e regolavano lo sviluppo economico, fungevano come punto d’appoggio per le guarnigioni reali. Ma la distinzione delle funzioni  degli edifici è una prerogativa abbastanza recente.

Il singolo castello era progettato per racchiudere in sé, nella compattezza dell’insieme,  una molteplicità di funzioni. La fortezza poteva assolvere, allo stesso tempo, ad esigenze di natura politico-amministrativa, militare, agricolo-economica o soltanto paesaggistica. Queste imponenti opere, oltre alla loro vocazione difensiva, conservavano una loro dignità residenziale denunciata da uno studio accurato nella creazione di arredi interni confortevoli e signorili. 

Soltanto i “solacia” o “solatia” mantenevano una loro identità specifica. Essi furono luogo di sosta o sede di attività ludiche e venivano disegnati e progettati anche in funzione dell’ambiente circostante (le riserve di caccia). Federico II, durante l’amministrazione del proprio impero, era costretto ad affrontare viaggi sfiancanti e continui. L’edificazione dei palazzi imperiali rientra, quindi, anche in un piano che prevedeva un sistema di soste adeguato a fare fronte ai continui spostamenti. 

Nel 1239 vengono istituiti i “provisories castrorum”, funzionari incaricati del controllo dei castelli e della segnalazione di chi avesse l’obbligo della loro manutenzione, e i “prepositi edificorum”, funzionari addetti a presiedere alle costruzioni delle fortezze del Regno. Quelli che più spesso interloquirono con l’imperatore, attraverso una fitta corrispondenza, molto illuminante sulle vicende dell’architettura sveva, furono Riccardo da Lentini e Stefano Ronualdo.

 

 
 
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