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Statua della
Madonna
Nera del Tindari prima del restauro
Foto di Enzo Brai, Gianni Pedone, Archivio del
Santuario |
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Ha quindi inizio la fase dellassemblaggio delle
parti divaricate, come le gambe della Madonna, con procedimenti scientifici che prevedono
linserimento di minuscoli cunei tagliati obliquamente, in grado di ricucire e
ricostituire larchitettura della statua.
Nel contempo il simulacro è liberato dalla pedana, risalente a fine ottocento e di nessun
valore. Vengono quindi eliminati gli ultimi impasti di paglia e segatura, saldate le
pareti interne del tronco, ripuliti i margini sporchi, rimosse le vecchie colle
cristallizzate, reincollati tutti i vari pezzi sconnessi.
Per ricostituire lunità architettonica della scultura si realizzano con legno di
tiglio, diverso da quello antico, la fiancata destra del trono e il lembo destro del
mantello (per chi guarda), nel rispetto dei moduli stilistici.
Miriadi di lacune, prodotte dai secoli, dallincuria e dagli insetti, connotano la
superficie del simulacro.
Terminata la pulitura, lincollaggio dei pezzi e dei frammenti cromatici, i tecnici
otturano con pasta lignea prima, poi con veli di gesso, tutti i buchi e completano la
modellazione delle parti nuove. Tale lavoro, che richiede tempi lunghi, è preparatorio
dellintervento pittorico che si deve differenziare, per la qualità di colore e per
la stesura a rigatino, dalle lacche antiche, senza turbare lunità formale
dellicona. |
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Con una lente di ingrandimento
mons. Zambito osserva il ritrovamento della decorazione plastica del copricapo regale.
Vero diadema, scolpito nel blocco ligneo della Madonna di Tindari, il cui disegno
testimonia la preesistente tradizione ellenistica nelle regioni mediorientali.
In alcuni tratti della corona manca il rilievo ornamentale, rovinato probabilmente dalla
forzata sovrapposizione di nuovi diademi di ottone e doro, che occidentalizzano, con
piacevolezze barocche, limmagine di Maria regina.
Diversi strati di stucco nero, preparato con terre e colla forte, lacca bianca e
porporina, vengono apposti a più riprese, tra ottocento e novecento, sulla corona lignea
per otturare tagli e per camuffare sia il rilievo mancante che quello ancora esistente. |
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Sulla parte alta
del copricapo regale, tipico della cultura arabo-bizantina, si trovano tracce di lacche
rosso-arancione. |
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