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LA CITTA' DI CATANIA
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LA CITTA' DI CATANIA
    
La piana ed il vulcano, il mare e la
    montagna, l'Oasi del Simeto ed il
    Parco dell'Etna, Castello Ursino ed
    il Barocco, tutti nella sola Provincia
    di Catania: la vera bellezza
    è sempre ricca di qualità.
   
    Leggende catanesi /2    
     
     

 
   

Stefano Ittar e Antonio Amato, Facciata di Santa Maria dell'Elemosina a Catania,
detta anche "La Collegiata" (1758). 

 

Giovanni Dall'Orto - 4 Luglio 2008.
 

 


 

da Wikimedia Commons

 

Periodo Angioino
Scrive il palermitano Giuseppe Pitrè: «Io non conosco fatto storico, per quanto grande e clamoroso, che abbia lasciato tante tradizioni popolari quante ne corrono in Sicilia sul Vespro». Grande folclorista ed autentico storico, Pitrè raccolse minuziosamente documenti e racconti sulla Sicilia. Moltissimi, è evidente, riguardavano i Vespri, essendo stata la pagina più importante scritta dall'intero popolo siciliano. Tra questi vi furono molte storie e leggende del periodo in questione.

Gammazita
Il nome è quello di una sfortunata ragazza catanese ( il cui nome deriva evidentemente dal greco) che, insidiata da un soldato francese, preferì, anziché cedere, la morte buttandosi in un vecchio pozzo, forse nel cortile di Vela, verso il 1280.
E' evidente il riferimento alla storia iniziale legata al Vespro, come è evidente la situazione e i rapporti incresciosi che la popolazione aveva con le truppe francesi che occupavano la Sicilia. Forse la leggenda di Gammazita è reale e non inventata. Alcuni storici avanzano ipotesi sulle macchie di sangue che si trovarono sul corpo, non attribuibili ad una violenza ma al fatto che il pozzo in secca avesse depositi ferruginosi lasciati da una sorgente minerale, presente dalle lave di via San Calogero a Catania.  

Periodo Angioino - La bella Angelina
A Castiglione di Sicilia si narra che il castellano del castello di Castiglione fosse addirittura l'ammiraglio Ruggero di Lauria. Esso aveva una figlia bellissima sia nel fisico che nel carattere. Avendo ospitati dei notabili francesi nel castello, questi, colpiti dall'incantevole figlia, al loro ritorno in Francia, raccontarono meraviglie di Angelina al delfino di Francia. E narra che ti narra, il delfino si innammorò, senza averla vista, della figlia di Ruggero di Lauria. Così, un giorno, decise di andare a vedere da sé la bella Angelina. Venuto in Sicilia in incognito si accorse che quello che si raccontava di lei le faceva addirittura torto, perchè la ragazza era bella da morire. I due si conobbero e intessero una relazione. Ma, come capita spesso nelle leggende, si frammise tra i due lo scoppio dei Vespri siciliani. Lei era siciliana lui francese, erano diventati all'improvviso “nemici”. Il delfino di Francia doveva tornare al suo paese, ma promise che entro sei mesi sarebbe stato di ritorno. Alla bella Angelina e alla sua fida ancella Franca disse che quando avessero visto la luce di tre fuochi sul monte Rotondo, quello sarebbe stato il segnale del suo ritorno. E partì.

Il tempo passò. Arrivò il giorno di San Lorenzo, il 10 agosto. Tutte le ragazze, compresa Angelina, guardavano in alto il cielo notturno, sperando in una stella cadente a cui affidare i loro desideri. A cena quella sera Ruggero di Lauria aveva invitato dei notabili. L'atmosfera era serena e divertente. Gli ospiti raccontarono che avevano incontrato un tipo strano, mai visto, che tra mattanate e lazzi aveva narrato loro d'essere tornato a causa di una cerva che aveva ferito tempo addietro, per trovarla e portarla via. Tutti ridevano di quel mentecatto, strano e matto. Anche Angelina si unì all'ilarità generale, poiché, dentro di sé, aveva capito che il suo innamorato era ritornato per portarla via. Da quella notte si mise a vedetta per scorgere i tre fuochi, quasi senza dormire. Quando non ne poteva più dal sonno, lasciava al suo posto la fida Franca dicendole: «Franca, vigghia si si addumanu li tri fochi supra la turri di munti Rutonno! Franca, vigghia!». Sulla torre del castello la ancella scrutava nel buio. Scoccata mezzanotte vide accendersi i tre fuochi prestabilitti e con una lampada fece il segnale d'averli visti. Scese e avvertì la ragazza. Intanto il delfino di Francia, insieme a quattro suoi fidi, si avvicinò nel silenzio alla torre dove era la sua amata e che non era controllata da guardie. Con una scala di seta fece scendere Angelina e la sua fida Franca. Riunitisi presero i cavalli e scapparono al galoppo verso Kaggi e verso il mare, arrivando a capo Schisò presso Giardini. Lì in attesa del delfino vi era pronta una barca con cui fuggire via verso la Francia. La bella Angelina aveva lasciato per il padre un biglietto dove era scritto: Si voi truvari a io ‘figghia Angilina,vattinni in Francia, e la trovi riggina. (Se vuoi trovare tua figlia Angelina / vattene in Francia, e la trovi regina).
Si narra che il delfino, grato per l'aiuto prestatogli dall'ancella Franca fece fondare davanti a Castiglione nella valle dell'Alcantara il paese di Francavilla di Sicilia. 

La conclusione mitica di una leggenda popolare così romantica è tipica delle leggende stesse che, come abbiamo visto, trasformano il personaggio storico come Giovanni da Procida in un padre disperato e vendicativo, uno scoglio qualsiasi in un luogo di riunioni segrete, il grande ammiraglio Ruggero di Lauria in castellano con una figlia bellissima con un'ancella la cui storia dà il nome ad un paese, insomma, spiegazioni semplici a cose che spesso sfuggono dalla comprensione delle persone umili e per nulla addentro alle motivazioni politiche o economiche. Naturalmente il toponimo di Francavilla non dipende dalla leggenda, ma dalle franchigie e i privilegi concessi al nascente borgo verso il 1090 dal conte normanno Ruggero, il quale lo fondò dopo avere incontrato in quel luogo l'eremita San Cremete. Se la pronuncia in siciliano del nome Francavilla è Francavigghia è solo un caso che ha dato forse il via alla leggenda stessa e non viceversa. In fondo si può prendere ispirazione da qualsiasi cosa...

 
 
 

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