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  Giovanni Verga
  Bullet7blu.gif (869 byte) Introduzione
   Bullet7blu.gif (869 byte) Alla ricerca della propria strada
   Bullet7blu.gif (869 byte) La crescita a Firenze
      e il suo primo successo

   Bullet7blu.gif (869 byte) La lenta maturazione
      del verismo verghiano

   Bullet7blu.gif (869 byte)
Il suo fulgido tramonto catanese
 
  Bullet7blu.gif (869 byte) Il Verismo: quasi una fotografia
Bullet7blu.gif (869 byte) Giovanni Verga: la fase verista
Bullet7blu.gif (869 byte) Giovanni Verga: pessimismo o fatalismo?
Bullet7blu.gif (869 byte) Il canone dell’impersonalità
    e la tecnica narrativa

Bullet7blu.gif (869 byte)La struttura, la lingua e il dialetto siciliano

Bullet7blu.gif (869 byte)Bullet7blu.gif (869 byte)INDIETRO
 
   

    GIOVANNI VERGA

     "I Malavoglia hanno fatto fiasco,
    fiasco pieno e completo...”
(da una
    lettera di Giovanni Verga all'amico
    Luigi Capuana del 1881).

    Il canone dell’impersonalità
    e la tecnica narrativa

 

Per saperne di più  

   
 
   
   

 
   
Veristi: foto di Cesare Pascarella

 


 

 
 
 

da Wikimedia Commons

 
 

Dal 1872 al 1893 Verga frequentò la disinvolta borghesia milanase. Questo lo convinse delle conseguenze negative del progresso economico e dell’eticamente preminenza delle classi disagiate, nella loro schiettezza umile e travagliata, vero scrigno che racchiude gli intatti valori tradizionali. La "svolta" verista del Verga lo porta a rifiutare lo stile romanzesco a favore di un canone d’impersonalità nella descrizione della realtà (ne fu il primo teorizzatore all’interno della corrente del Verismo). Convinto del movimento naturalistico, che andava sviluppandosi in Europa, che il romanzo moderno dovesse descrivere la realtà contemporanea sotto un profilo oggettivo, lo portò a descrivere il quadro “psicologico” del personaggio direttamente nell’azione, lasciando che si scoprisse il carattere soltanto attraverso il suo comportamento.
Secondo l’ottica del Verga, il lettore deve essere messo  faccia a faccia col fatto nudo e schietto”, escludendo totalmente “la lente dello scrittore”. Questo non deve comparire nel narrato, deve “eclissarsi”, eliminando emozioni soggettive, riflessioni e interpretazioni. L'autore deve inoltre “mettersi nella pelle” del suo personaggio, “vedere le cose coi loro occhi ed esprimerle colle loro parole”. Così la sua penna “rimarrà assolutamente invisibile” nel libro, tanto che il testo sembri “essersi fatta da sé”, “essere sorta spontanea come fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore”, cioè la semplicità oggettiva di una fotografia.
L'autore si “eclissa” , si mette “nella pelle” dei protagonisti, vede “coi loro occhi” e racconta “colle loro parole. La “voce” narrante si pone tutta all'interno dell’universo ritratto, totalmente al livello dei personaggi presentati.

Non vi sono nei racconti di Verga né la sua cultura né le sue idee. I fatti narrati vengono presentati senza commento alcuno, sarà il lettore ad intendere e concludere in relazione al personale modo di vedere. Un vero e proprio “reality” da interpretare secondo le proprie idee e convinzioni.
 
 

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