I Vespri
La Storia
non volle: i siciliani con i Vespri si liberano sorprendentemente da
soli.
La rivolta è tremenda e implacabile. I francesi cercano la fuga
dalla popolazione togliendo la divisa e travestendosi, ma i
palermitani escogitano uno stratagemma: chiedono di pronunciare la
parola cìciri (ceci). I francesi mancando di pronunzia
palatale della «c», distorcono la pronuncia in kìkiri o
sìsiri, e sono scoperti e poi
uccisi. La tradizione tramanda un canto popolare che ne fa cenno:
Non
v’azzardate a venire in Sicilia
perché (i Siciliani) hanno giurato di salare la vostra pelle
e ogni volta che tenterete di venire in Sicilia
la Francia suonerà sempre a mortorio
Oggi, a chi dice «kikiri» in Sicilia,
gli si taglia il collo per sua gloria;
e quando si dirà «Qui esistette la Sicilia»
finirà di esistere anche il ricordo della Francia!
Tutti i
siciliani partecipano, anche quelli che non ne avrebbero l'interesse
come Messina, che era stata scelta come capitale dal viceré francese
Erbert d’Orléans.
A Palermo, centro e origine dei Vespri, vengono catturati tutti i
francesi col loro governatore Giovanni di Saint Rémy, e uccisi senza
pietà nel castello di Vicari. Il tumulto va oltre: la città si
elegge come libero comune. Alcuni palermitani ( Ruggero Mastrangelo,
Niccolò Ebdemonia, Enrico Baverio e Nicoloso Ortoleva) sono chiamati
ad amministrarla.
Nascono le communitates Siciliae, cioè una confederazione di
liberi comuni.
Pietro III
d'Aragona ne approfitta ed invia un proprio messo al parlamento
siciliano, suggerendo la sua chiamata in Sicilia. Così avviene e il
re spagnolo, sbarcando nell'isola il 30 agosto 1282 a Trapani, si
appropria del regno senza nessuno scontro militare con i francesi.
Entra nella
storia la rivolta di un intero popolo, il siciliano, che non subisce
il volere di un re o l'altro, ma proclama la sua stessa volontà
nella libertà. Siamo nel 1282, le rivoluzioni americana e francese
sono molto al di là da venire. Lo stesso Dante Alighieri sembra
intuire l'eccezionalità dell'avvenimento e ne parla nella sua opera.
Questa
pagina splendente di storia rimane in un canto popolare siciliano:
E il
francese con la sua potenza
in Sicilia si comportava male
ci toglieva il pane dalla mensa
si vedevano Francesi in ogni stanza
essi fidando nella loro potenza
e noi, miseri, sotto la loro lancia!
In un’ora fu distrutta quella razza
la Francia fu salata come tonnina.
Senti la Francia che suona a mortorio
no, la Francia non verrà più in Sicilia;
viva la Sicilia, che porta vittoria
viva Palermo, fece meraviglie!
Suonate tutte le campane a gloria
fate tutti miracoli tremendi con le armi
perché eterna resterà la memoria
che i Francesi rimasero morti in Sicilia! |