Analisi
della dizione “Vespri siciliani”
Il termine
“vespro” sta ad indicare la penultima delle ore canoniche, (che
vanno da «mattutino» a «compieta»), quando religiosamente si
ringrazia Dio della giornata trascorsa con l'ultima funzione di
preghiera. Il termine ha origine dal latino Vesper, che
definiscel'ultima ora di luce e l'arrivo della sera. A sua volta il
termine latino ha origine dal greco espéra, che vuol dire,
appunto, “sera” (anche nel greco moderno, kalispéra vuol dire
«buonasera»). E' noto che la penisola italiana venne denominata dai
greci Esperia cioè «il paese della sera», essendo posta ad
occidente rispetto alla Grecia.
Nell’uso ecclesiastico il termine nel medioevo trovò declinazione al
plurale, che in Francia divenne, addirittura, femminile: les
Vépres. Ed è, infatti, al plurale l'uso comune del termine che
sta ad indicare la rivolta siciliana, i “ Vespri siciliani”.
La dizione corretta è invece quella al singolare.
Lo storico siciliano Michele Amari (1806-1889) nell'Ottocento, nel
libro La guerra del Vespro siciliano, sostiene che il termine
al plurale è erroneo sia dal punto di vista storico che da quello
demopsicologico. Nella poesia popolare e nei canti la rivolta è
denominata solo al singolare , cioè, vespru, o véspiru
per epéntesi.
Lo storico
Santi Correnti dal 1973 sostiene la teoria dell'univocità del fatto
storico: «il vespro» c’è ogni sera, ma il Vespro,
storicamente inteso, è soltanto e unicamente il Vespro siciliano del
30 marzo 1282. |