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Pollina e Castelbuono e la manna siciliana 

La manna, una linfa del tutto particolare
Raccolta ed utilizzo della manna
La manna in cucina

La cultura di Pollina
Castelbuono alle origini
La fondazione di Castelbuono
Chiese di Castelbuono
Il castello dei Ventimiglia

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LA MANNA SICILIANA

        La sua produzione si è ristretta
    nella piccola area di Pollina e
    Castelbuono. Le poche persone
    capaci di ottenerla, svolgono
    un’attività preziosissima e il loro si è
    trasformato in un lavoro da difendere
    e preservare. Parliamo della manna
    siciliana, che i romani chiamavano
    “miele di rugiada”.

   

     La manna, una linfa del tutto
     particolare

     
     

 

 

Albero di frassino

 

 






 Quando si parla di Manna, il pensiero va subito al celebre passo biblico della caduta dal cielo della Manna, inviata da Dio per sfamare nel deserto gli ebrei in fuga dall’Egitto (XVI libro dell’Esodo). In effetti, pochi sanno dell’esistenza di un prodotto alimentare chiamato Manna. Questo è ricavato da alcuni tipi di frassino, in particolare dal Fraxinus ornus, detto, appunto, frassino da manna. La Manna è tipicamente siciliana, e viene prodotta nella zona di Pollina e Castelbuono. La sua particolarità è dimostrata dal conseguente inserimento nella lista dei prodotti agroalimetari tradizionali (PAT) formulata dal ministero delle politiche agricole e forestali (Mipaaf).

La manna è la linfa estratta dalla corteccia del frassino
opportunamente incisa e, quindi, rappresa. Essendo un Presidio Slow Food, è stato stilato un disciplinare di produzione, che ne garantisce la qualità e ne attesta la provenienza.

La manna appare per la prima volta nei testi in un documento , del 1080,
un diploma del vescovo di Messina. Tuttavia, si fa risalire la sua introduzione in Sicilia al periodo della dominazione araba dell’Isola (IX-XI secolo d.C.). La pratica si diffuse nell’Italia centro-meridionale. Storicamente, veniva coltivata in grandi quantità, anche, in Calabria, in alcune comunità Arbëreshë della provincia di Cosenza.
Il progressivo abbandono delle campagne a favore dell’inurbamento, ha contribuito alla riduzione di produzioni agroalimentari, specialmente d’origine storica.
Il motivo principale fu, però, la produzione industriale di mannitolo di sintesi, avvenuta all’inizio del Novecento, che tagliò nettamente la richiesta del mercato, portando al collasso la produzione del mannitolo d’origine naturale (e cioè della manna).

Così, la zona di coltivazione della manna da frassino si è sempre più ridotta. Oggi continua ad esistere solo in una piccola zona siciliana di appena 3200 ha circa (dato del 2002). Il numero dei frassinicoltori, oggi, è molto limitato ed l’antico mestiere dello "Ntaccaluòru" va sparendo. Ciononostante, la produzione della manna, ristretta in una nicchia di mercato, è molto apprezzata e valutata. Il suo costo, infatti, risulta abbastanza elevato.

Nel mondo esistono 70 specie di frassini riconosciute, ma solo 3 sono presenti in Italia (tutte produttrici di manna). Per la precisione: il Fraxinus excelsior , il Fraxinus ornus ed il Fraxinus angustifolia. Ciononostante, se il frassino è del tipo  xerofita, e quindi, si adatta bene alla siccità, il Fraxinus ornus, non si trova ovunque. La sua coltivazione, infatti, viene effettuata in zona collinare, tra i 200 e gli 800 metri d’altitudine, e su terreni calcarei o argillosi. Il Fraxinus excelsior (alto fino a 40 metri e detto  frassino maggiore), ad esempio, è presente, in Sicilia, solo sulle Caronie. Infine, il clima dev’essere quello  mediterraneo, tendente all’arido. Un clima, infatti, non abbastanza caldo e arido non consentirebbe di far rapprendere la manna. La sua migliore esposizione è quella a sud-est.
Le specie, delle tre italiane, più utilizzate per la produzione della manna, in Sicilia, sono quelle del Fraxinus ornus (alto fino a 10 metri e detto orniello o amolleo), e del Fraxinus angustifolia (alto fino a 20 metri e detto ossifillo). Nella zona di Castelbuono e Pollina, la varietà più diffusa è il "verdello", particolare per la sua produttività, precocità e qualità del prodotto ricavato.

 
 

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