Dopo aver conosciuto
brevemente i Franchi nell’ultimo ventennio del terzo secolo, con il
saccheggio di Siracusa, ed essersi salvata dai Visigoti di Alarico, che
furono bloccati da una tempesta in Calabria, i Vandali, con a capo Genserico,
nel 440, provenienti dall’Africa, sbarcarono a capo Lilibeo. Essi
devastarono abbondantemente l’isola, infierendo, soprattutto, sui cristiani.
Spinti dal vescovo ariano Massimino, uccisero
i vescovi Pascasino di Lilibeo e Massimiliano di Palermo. Quando,
però, Genserico ebbe notizia di un esercito dell’impero d’occidente che
stava marciando alla volta della Sicilia, nel 441, abbandonò frettolosamente
l’isola. Nel 455, dopo il sacco di Roma, tornò a mettere a ferro e
fuoco il territorio siciliano. Contemporaneamente anche un capitano ribelle
dell’impero d’Oriente, Marcellino, arrivò in Sicilia, invadendola. Il
patrizio svevo Ricimero mosse contro di lui sconfiggendo per primi i Vandali
ad Agrigento, nel 456, e costringendo
poi Marcellino a fuggire in Dalmazia. Tuttavia Genserico non mollò la
presa e ritornò. Stavolta dovette scontrarsi con l’esercito bizantino
capitanato da Marcellino (che era stato perdonato da Leone, l’imperatore
d’Oriente) e da Basilisco (fratello dell’imperatore stesso). Pur sconfitto,
nel 463, riuscì ad incendiare la flotta nemica. La vittoria sostanziale gli
permise di rimanere in Sicilia, fino a quando, nel 476, cadde l’Impero
Romano d’Occidente. A quel punto, il vandalo cedette tutta la Sicilia a
Odoacre, dietro compenso di un grosso tributo. Nel 491, Il governo della
Trinacria passò ai Goti. Nel 524 Giustino, imperatore d’Oriente, ordinò la
chiusura di tutte le chiese ariane nei suoi territori. Per rappresaglia i
Goti, anch’essi ariani, iniziarono a perseguitare i cristiani. Il governo di
Teodorico, che fino a quel momento era stato sopportabile, divenne così
pesante e duro per i siciliani che, alla sua morte, nacque la leggenda che
fosse stato risucchiato all’inferno da un vulcano delle Isole Eolie.
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