Dopo la morte di Costante II e lo scontro tra i due imperatori, Mecezio e
Costantino IV Pogonato, alla partenza di quest’ultimo, nel 669, a Siracusa
sbarcarono gli Arabi. Depredarono le ricchezze accumulate nella città
siciliana da Costante II grazie ai suoi saccheggi (tra i tanti, il bronzo
del Pantheon). Pochi anni dopo ritentarono la sortita, ma stavolta furono
sonoramente sconfitti, ed il pericolo arabo cessò per parecchio tempo. La
posizione della Sicilia, tuttavia, al centro del Mediterraneo, la faceva
punto strategico per il controllo e la conquista dei paesi che vi si
affacciavano. Per la diffusione del loro Credo, gli Arabi erano molto
interessati a tale posizione strategica, e, a parte il tradimento di Eufemio
da Messina, aspettavano solo il momento giusto per invaderla. Agli inizi
del IX secolo la politica alquanto debole di Costantinopoli, soprattutto per
quanto riguardava le province occidentali, portò quest’ultime a governarsi
in maniera quasi indipendente dal governo centrale. In coincidenza con il
governo dell'Imperatrice Irene, anche il thema Sikelia, come quasi tutti gli
altri, divenne sostanzialmente indipendente.
Eufemio di Messina, turmarca della flotta
siculo-bizantina, con l’aiuto di vari nobili siciliani, s’impadronì del
governo in Sicilia, a scapito dei poteri locali. Senza chiedere aiuti
esterni, i siciliani, che intendevano continuare a governarsi da soli,
sconfissero e scacciarono Eufemio. Questi chiese aiuto, allora, agli Arabi,
nell’828, per tornare padrone dell’isola. I Bizantini, al di là della forza
amministrativa, non potevano stare a guardare e perdere la Sicilia, con la
sua importanza strategica. Reagirono e inviarono un esercito al comando del
generale Fotino, che sbaragliò il nemico a Siracusa, tanto che Eufemio, per
mettersi in salvo, dovette fuggire in Africa (all'incirca nell'attuale
Tunisia). Eufemio trovò protezione presso la
corte dell'emiro aghlabide di Qayrawān, Ziyādat Allāh I, a cui chiese un
esercito per effettuare un nuovo sbarco in Sicilia. In quel periodo i
musulmani erano interessati da contrasti intestini tra la componente
berbera, originaria del luogo, e la componente araba proveniente
dall’oriente. Forse proprio per risolvere le rivalità, l’emiro proclamò un
jihad marittimo, raccogliendo volontari
ovunque, e riuscendo ad organizzare una flotta di 70 navi. Il
17 giugno dell' 827, i
musulmani sbarcarono nei pressi di
Capo Granitola, vicino Mazara del Vallo, conquistando, capitanati
dal qādī
di Qayrawān, Asad b. al-Furāt, quasi immediatamente, Marsala, il cui
nome deriva proprio dall’arabo (Marsa ‘Alī, il porto di ‘Alī o
Marsa Allāh, il porto di Dio). Sia Marsala che Mazara del Vallo furono
dotate di mura e punti di difesa, soprattutto dei porti, concretizzando una
vera e propria testa di ponte opportuna per la conquista della Sicilia. La
cosa fu tutt’altro che facile e ci vollero decenni per completarla.
Resistette Siracusa, dove alloggiava lo strategos bizantino da cui
dipendevano il drungariato di Malta e i ducati di Calabria, Otranto e
Napoli. La città fu espugnata il 21 maggio dell’878, e terminò col massacro
di 5.000 abitanti. L’ultima città fortificata a cadere fu Tauromenium
(Taormina) il 1º agosto del 902. L’ultima cittadina siciliana ad essere
presa fu Rometta che si arrese solo nel 963.
|