Se la Sicilia fu
considerata un rifugio da papa Vigilio quando le sorti della guerra
greco-gotica volgevano al peggio, è evidente l’importanza dell’isola in quel
frangente (papa Vigilio vi morì nel 555). Questa importanza crebbe quando la
Sicilia fu oggetto del lavoro sapiente di San Gregorio Magno (590-604). La
guerra nell’alta Italia tra i Bizantini e i Longobardi (venuti in Italia nel
568 con Alboino) era lontana, e San Gregorio si concentrò sul
tentativo di far rinascere l’isola, per altro oggetto di una pesante
tassazione. Fece istituire Conventi e promosse gli studi umanistici, che
allora erano monopolizzati dagli ecclesiastici. La sua opera era talmente
importante, che nel VII secolo divennero papi ben quattro siciliani: Sant’Agatone,
(organizzò il sesto concilio ecumenico della Chiesa); San Leone II, Conone e
San Sergio I. Quest’ultimo tenendo testa all’imperatore bizantino
Giustiniano II, sollevò la dignità pontificia al livello imperiale. Anche
nel secolo successivo, diverrà papa il siciliano Stefano III,
importantissimo nella contesa tra Carlo Magno ed i Longobardi. Sotto il
regno di Eraclio I, a metà del VII secolo, la Sicilia diventò un thema, cioè
una delle circoscrizioni, che furono create, al fine di rinnovare l'assetto
amministrativo dell’Impero. Pochi sanno che Siracusa divenne la capitale
dell’Impero romano d’Oriente per cinque anni, dal 663 al 668. Il pericolo
incombente degli Arabi, da una parte, che già si erano impossessati delle
province orientali e meridionali dell’impero e ora imperversavano con le
loro navi nel Mediterraneo e nell’Egeo, e dall’altra la creazione del regno
dei Bulgari a nord e della discesa degli Slavi dei Balcani verso le coste
del mare Egeo, sempre a nord, tutto consigliò l’imperatore bizantino Flavio
Eraclio Costantino III (chiamato Costante II), a porre la nuova sede
dell’impero in Sicilia. Probabilmente, vedendo questi sviluppi, Costante
sognava anche di riportare la capitale del suo impero a Roma. Costante
decise di trasferire da Costantinopoli a Siracusa, oltre che la corte, anche
la zecca e gli uffici imperiali. La sua presenza e il compito di sostenere
economicamente l’intera corte,
con il pagamento di nuove tasse, provocò, com’era naturale, il malcontento
tra i siciliani. Nacque la voce che Costante II fosse colpevole
dell’assassinio di papa Martino I (da lui esiliato nel Chersoneso Taurico,
cioè in Crimea). Tale voce era, per giunta, sostenuta dal carattere
dell’imperatore, definito come un prepotente e un sanguinario, tanto che al
confessore Massimo fece tagliare la lingua e la mano destra. Non solo:
l’antico cronista Giovanni Cedreno
narra, infatti, che il fratello Teodosio era
stato ucciso per ordine di Costante II, e che il morto gli apparisse la
notte, per tormentarlo, porgendogli un bicchiere colmo di sangue e
invitandolo a berlo. Tra le colpe di Costante II vi fu anche quella di
professare il monotelismo, una interpretazione deviante sulla natura umana e
divina di Cristo, creata dal patriarca di Costantinopoli Sergio (610-638) e
dall'imperatore stesso. Nel 649 Costante promulgò l’editto, il Typos,
in cui vietava qualsiasi studio e ragionamento cristologico e
teologico sul monotelismo.
L’impedimento non poteva essere accettato dalla Chiesa di Roma. Papa
Martino V convocò un Concilio nel Laterano, che considerò il monotelismo
un’eresia. Costante cercò di imporre, comunque, la sua nuova visione
religiosa. I cristiani che non aderivano venivano crudelmente perseguitati.
Addirittura affidò il compito all'esarca Olimpio di sopprimere il Papa.
Questi non riuscì a portare a termine l’incarico e poco dopo morì nella
difesa dell’isola da una scorreria dei saraceni. Il suo successore,
Callinico, non uccise il Papa, ma, arrestatolo lo, portò in esilio. Tuttavia
la controversia non terminò ad opera di Callinico, perché la resistenza
popolare non si era affatto quietata. Il monotelismo fu, infatti,
ufficialmente condannato dal III
Concilio di Costantinopoli (680-681). Probabilmente l’attacco religioso
al credo romano, nascondeva anche uno scontro di potere. La Chiesa, già nel
VI secolo, possedeva diverse proprietà in Sicilia. I papi Pelagio II e
Gregorio Magno istituirono i rettori,
che, prima di partire, eseguivano
il giuramento, davanti al corpo di San Pietro, di adoperarsi per i poveri e
i bisognosi. In Sicilia vi erano due rettori: uno a Palermo, l’altro a
Siracusa.
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