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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

INDIETRO
 
     
     
 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  Il mondo dei Nebrodi    
     
     

Testo di Francesco Cimino


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
 
Foto di Chiara Samugheo

 











 

Al fondo c’è un ritardo culturale che attraversa la società a molti livelli determinando una insensibilità diffusa che coinvolge largamente i settori imprenditoriali dell’edilizia, apparati pubblici preposti alla tutela ambientale, i cittadini, infine, orientati a concepire l’uso del territorio in termini brutalmente utilitaristici.

Sarà difficile cambiare questa mentalità consolidata senza un’informazione capillare che metta in evidenza il fatto che il territorio, l’habitat naturale, il patrimonio storico e artistico sono un bene comune che, amministrato con saggezza, rifluisce sui beni individuali aumentandone il valore. Una casa a San Gemignano e a Spoleto vale molto di più che due o tre appartamenti in centri urbani degradati.

Nell’area dei Nebrodi sarebbe meno problematico che altrove promuovere una coscienza collettiva avanzata rispetto alla gestione urbanistica e ambientale. E questo perché l’uomo dei Nebrodi, fortemente determinato, è sempre riuscito a sanare le ferite delle dominazioni e delle occupazioni e a ricostruire sulle sistematiche distruzioni dei boschi che si sono succedute sin dall’epoca dei fenici.

A questa costante storica - già di per sé importante base per una moderna cultura dell’ambiente - si aggiunge oggi la straordinaria occasione della costituzione del Parco naturale. Una legislazione più illuminata può fare il resto, accompagnando la normativa vincolistica con un’incentivazione in termini di contributi, mutui, sgravi fiscali. Questo è il modo più giusto ed efficace per avviare un’opera di risanamento e di conservazione delle colture agricole e boschive, del risanamento urbano anche attraverso l’utilizzazione dei materiali edilizi tradizionali. La gente dei Nebrodi sente fortemente l’esigenza della tutela della propria identità, nella quale giustamente include i luoghi e le tradizioni. L’istituzione del Parco dei Nebrodi, inoltre, potrebbe fornire un’occasione non facilmente ripetibile per promuovere una robusta campagna di educazione ambientale, rivolta al recupero complessivo di tutte le potenzialità dell’intera area.

L’istituzione del Parco, comunque, va collocata in una prospettiva più ampia: non di mera conservazione, ma di sviluppo delle aree boschive. L’estensione delle foreste per contrastare la riduzione dell’ossigeno e il surriscaldamento dell’atmosfera terrestre è ormai una vera e propria emergenza della nostra epoca. Una emergenza che non va affrontata soltanto in Amazzonia o nel Camerun difendendo il patrimonio ecologico esistente, ma va fronteggiata anche nei paesi ad alto sviluppo: anche in Europa, dunque, e qui da noi in Sicilia, sulle colline e sulle montagne.

Ma anche in questo caso sarà necessario uscire dai pigri binari degli interventi tradizionali e studiare una strategia articolata che preveda l’impiego di tecnologie avanzate sul terreno della protezione preventiva degli incendi, l’assunzione di personale specializzato per la salvaguardia del verde, il coinvolgimento (con incentivi adeguati) dell’iniziativa privata nella riforestazione, in parte da destinare a zone protette di habitat naturale da ricostruire, programmando taglio e successiva ricostituzione. Una strategia di questo tipo, oltre a migliorare l’ambiente e le stesse condizioni climatiche, aprirebbe spazi interessanti all’occupazione giovanile.

Dobbiamo smetterla di considerare l’ecologia e la tutela dei centri storici e del territorio come velleità utopiche e cominciare ad abituarci ad assumerli come parametri obbligati delle nostre azioni quotidiane e della nostra volontà progettuale. Così anche i conti complessivi dell’economia torneranno meglio.

Nell’area dei Nebrodi esistono tutte le condizioni per sperimentare una programmazione avanzata degli interventi sul territorio che sappia andare oltre la difficile mediazione tra sviluppo economico e conservazione ambientale.

Il punto di partenza, infatti, è ancora più che soddisfacente, perché i Nebrodi non sono stati investiti, se non marginalmente, da quel tipo di crescita dissennata delle attività economiche che ha travolto molto spesso gli equilibri ambientali, cancellando anche interi complessi paesistici e monumentali.

Favorisce una simile prospettiva il fattore umano che qui è particolarmente sensibile ad un messaggio di questo tipo.

Per secoli la gente dei Nebrodi ha difeso contro gli invasori stranieri le proprie tradizioni e, nella misura del possibile, il proprio ambiente, riuscendo ad omologare - invece che arrendersi all’egemonia culturale - etnie diverse discese dal nord più evoluto: svevi, normanni, monferrini e lombardi, sopratutto quei lombardi di cui Elio Vittorini in "Conversazione in Sicilia" ha ricercato l’esistenza oltre i confini di San Fratello, dove l’impatto è stato più forte, lasciando segni persino a livello linguistico. Può farlo ancora, può ripristinare quell’habitat unico, che il mito greco assegnava alla cacciatrice Artemide.

È dunque su questi cardini che va costruito il futuro di quest’area: un futuro che non rinneghi le proprie radici, ma impianti su di esse più saldamente prospettive e speranze.

 
 

     

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