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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

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 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  L'architettura medievale    
     
     

Testo di  Anna Barricelli


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
Mirto, Il portale della Chiesa Matrice.
 
Foto di Chiara Samugheo

 











 
La dominazione greco-bizantina ha lasciato profonde tracce nel linguaggio e nei toponimi, sui Nebrodi più che altrove, nel cosiddetto "triangolo greco" che congiunge lo Jonio al Tirreno, anche per merito di una organizzazione monastica sopravvissuta in questa regione al dominio musulmano.

Dopo la disfatta degli arabi rimanevano ancora efficienti San Filippo e San Barbaro di Demenna e Sant’Angelo di Brolo.

Tuttavia poche sono le testimonianze edilizie di quest’epoca, giacché le chiese basiliane sopravvissute alla conquista araba sono state ricostruite in età normanna.

Delle antiche città greco-bizantine di Panaghia, che compare in un diploma normanno del 1064, si ignora persino l’ubicazione; di Fitalia si sa che alla fine del XIV sec, fu aggregata al castello del Salvatore, e che sorgeva alla confluenza dei fiumi Galati e Tortorici che formano il Fitalia, detto anche Zappulla.

Della mitica Demenna, che diede il nome alla Valdemone, non è rimasta alcuna traccia esterna, e forse anch’essa sorgeva lungo il torrente Fitalia nei pressi di San Marco d’Alunzio ed Alcara Li Fusi (A. Meli XVIII sec.). Nelle campagne del castello di Turiano (Alcara) che nel VII sec. fu sede vescovile e dove sorse il monastero greco di Santa Barbara di Demenna (VIII-IX sec.) che con quello di San Basilio presso San Marco d’Alunzio fu metochio della laura di S. Filippo di Demenna o di Fragalà presso Frazzanò, ricostruito nel 1090 dal Conte Ruggero.

In San Teodoro a San Marco d’Alunzio recenti restauri hanno rimesso in luce tre nicchie absidali di una chiesa bizantina incorporata nell’edificio più tardo con affreschi molto rovinati di un Pantocrator ed in basso quattro evangelisti o diaconi, mentre in quella laterale i quattro Dottori della chiesa orientale: Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo reggono filatteri recanti i propri scritti teologici in greco. Il linguaggio pittorico è parte integrante di quella cultura monastica popolare e stilizzata diffusa nei cenobi della periferia dell’impero d’oriente e che ha dato le maggiori espressioni italiane in Puglia e Basilicata.

L’edificio, originario forse della fine del VII sec. venne poi trasformato agli inizi del IX in cripta di una nuova chiesa a croce greca con cupole a sesto ribassato.

Nel monastero di Santa Maria del Rogato di Alcara Li Fusi, luogo di rifugio nel XIII sec, dei monaci di Santa Barbara di Demenna, gli affreschi superstiti, con una dormitio Virginis di schema bizantino dalla vigorosa carica lineare, sono già plasticamente romanici, tanto da suggerire confronti (cfr. donna alla finestra) con alcune immagini popolaresche di S. Angelo in Formis (Campania, prima metà del XI sec.), presumibile epoca dell’esecuzione di quelli di Alcara Li Fusi, durante il periodo della restaurazione monastica della contea normanna.

 
 

     

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