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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

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 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  L'architettura
  rinascimentale
   
     
     

Testo di  Anna Barricelli


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
Militello Rosmarino
 
Foto di Chiara Samugheo

 





 

La presenza dello scultore Montorsoli, a Messina dal 1547, attivo anche nel campo dell’edilizia — capo mastro de la ecclesia maggiore dal 1550, dopo i carraresi Giovan Battista Mazzolo e Domenico Vanella — non viene risentita in maniera evidente nell’entroterra dei Nebrodi che si ricollegano piuttosto ai modi edificatori del palermitano, dove l’architetto piemontese Giorgio di Faccio dal 1555 aveva introdotto un Rinascimento cristallizzato nella geometria prospettico-lineare, come in S. Giorgio dei Genovesi (1576), in S. Maria la Nova (1569 c.), nelle quali sono presenti anche tendenze moresco-iberiche nel ritmo dell’intercolumnio e nella dinamica dell’alzato dei colonnati, ripresi anche in S. Maria di Portosalvo (A. Bellafiore, 1963 e 1984).

Presentano moduli equivalenti, anche altri edifici ecclesiastici palermitani come S. Sebastiano e l’abazia di S. Martino delle Scale, quest’ultima conclusa da una cupola a sesto ribassato che accentua referenze toscane e dell’Italia centrale, come S. Maria di San Piero Patti.

La chiesa, della quale l’ultima fase edificatoria è precisata dalla data incisa sulla facciata, 1581, ha stupefacenti affinità con quella di S. Antonio Abate di Patti, di identico respiro rinascimentale nella spaziosa navata centrale.

L’ampio intercolumnio ritma in entrambe un arco alleggerito dal dado brunelleschiano, che, come il pulvino bizantino, è posto tra la muratura ed il capitello.

Anche la Matrice di Montagna Reale, in origine a tre navate e successivamente ristretta, conserva ancora, sotto i pesanti pilastri di stucco, parte del vecchio colonnato, del quale abbiamo ritrovato un capitello corinzio in un deposito ricavato dalla navata laterale sinistra.

La chiesa di S. Salvatore a Sant’Angelo di Brolo, scoperchiata ed in stato di abbandono, presenta lo stesso, modulo, con archi a tutto sesto che ritmano un intercolumnio di armoniose proporzioni rinascimentali, sebbene l’intersezione del transetto mostri caratteri più antichi, sia nelle murature che nella decorazione scultorea delle aperture, tanto da far pensare al riutilizzo di una costruzione precedente.

Il modulo del S. Salvatore è ripetuto nelle altre chiese dell’importante centro monastico: la Matrice e la settecentesca S. Filippo.

La chiesa del SS. Salvatore di Fitalia ha rivelato, nel corso di recenti restauri, colonnati simili a quelli degli edifici precedenti, inserendosi in questo omogeneo contesto architettonico di ascendenza toscana, dal Brunelleschi a Francesco di Giorgio e Giuliano da Sangallo.

Forme rinascimentali rivelano gli interni delle chiese madri di Galati Mamertino, Motta d’Affermo, ricostruita a partire dal XV sec., ed ora in fase di restauro di ripristino, di Raccuia, della prima metà del ‘500, ma riedificata nel 1804 e 1935, (G. Argeri, 1982), di S. Cono a Naso, consacrata nel 1511, di S. Lucia a Mistretta, consacrata nel 1494, la cui testimonianza è il primitivo accesso, con il portale di D. Pellegrino, ma terminata nel 1525 (e poi restaurata dopo il terremoto del 1630 - D. Porrazzo 1984). Come la matrice di Montalbano Elicona, di redazione più tarda o ricostruzione del 1646, data di un capitello rimesso in opera (F. Rizzo, 1969), di Tusa, di Ucria, e di molti altri centri montani.

 
 

     

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