Lespansione dei conventi basiliani segue il corso delle fiumare dal
versante ionico del messinese ed attraverso i valichi si dirama nel versante tirrenico.
Nella Vai Demenna sono documentati ben ventisette monasteri.
Lordine basiliano,
allo stesso modo di quello benedettino, nellItalia peninsulare, dissodò e mise a
cultura buona parte degli impervi scoscendimenti dei Nebrodi, introducendo essenze arboree
ancora persistenti.
Molti villaggi, frazioni e
casali della regione, conservano tuttora, nel toponimo, nella organizzazione planimetrica
ed urbanistica, un chiaro assetto monastico-rurale, con chiesa, frantoi, stalle e mandria,
stesso appellativo usato per la casa madre di rito greco.
Altro elemento aggregante
per i cenobi fu la viabilità che utilizzava parte di quella romana ormai in disuso
(tramandata tuttavia dalla toponomastica).
Parallelo allo sviluppo dei
cenobi basiliani dellentroterra montuoso, e favorito dagli stessi monarchi Normanni,
quello dei monasteri benedettini, non certo da paragonarsi come numero a quelli della
parte occidentale dellisola, ma, di non minore importanza, come nel caso del
monastero del S.S. Salvatore di Patti, fondato dal Conte Ruggero con decreto dato in
Mileto nel 1088.
La pergamena
dellinvestitura temporale dellabbazia delineava i confini territoriali: dalla
grande scala della vecchia città e cioè dal comprensorio di Tindari, malgrado vi
sorgesse un monastero fortificato, illustrato ancora, sullo scorcio del XVI secolo, da
Tiburzio Spannocchi. Solo di recente il ritrovamento nello sterro di una sala ipogea
(adiacente la cattedrale) di un capitello binato con motivi zoomorfi (che già mettemmo in
rapporto con un altro proveniente dal chiostro di Cefalù) suggerisce lesistenza
anche a Patti di un convento benedettino coevo a quello cefaludese, suffragando così la
tradizione e la documentazione che vogliono labbazia fondata al tempo del Conte
Ruggero. Un altro capitello tetrastilo ritrovato nella torre normanna adiacente al corpo
Nord-Ovest della cattedrale, sembra evidentemente combaciare con le colonnine del portale
antico rimesso in luce durante restauri in corso di esecuzione.
In esso unarcaica
figurazione della sirena, come è rappresentata nella pittura vascolare greca: uccello con
testa femminile, più simile alla successiva rappresentazione dellar-pia, è
tradizione classica, ribadita dalla bifrontalità delle teste che si incuneano
nellangolo del capitello sorreggendo labaco, con soluzione architettonica
romanica in rapporto ancora con lantefissa del tempio.
Il demone centrale, dalla
cui bocca fuoriescono serpenti, èin dipendenza iconografica con regioni lontane
dellItalia settentrionale e centrale e dimostra come il raggio di espansione ditali
repertori decorativi fosse esteso, tramandato nei monasteri benedettini e poi cluniacensi,
da testi usati dai lapicidi come il Liber monstrorum e dai bestiari francesi ed
italiani in dipendenza dal Phisiologus.
Le traduzioni
classicheggianti nellallegoria femminile del peccato ci ricordano che Patti
gravitava ancora nellarea dellantica Tindaris, che era stata la primitiva
diocesi, e presso la quale dovevano essere presenti molti più reperti archeologici di
quanti ne siano tuttora conservati, specie dopo lo spoglio in favore dei principali musei
siciliani. Cosa confermata dallutilizzo per la scultura di un frammento erratico con
ancora in vista sul verso la parola DIVI. |