Nel comune di Sortino, in provincia di Siracusa, è localizzata
l’area della
Necropoli Rupestre di Pantalica, che fa parte dell’omonima riserva
naturale. Unitamente alla città di Siracusa, la necropoli è stata
insignita, nel 2005,
del titolo
di Patrimonio dell'Umanità formulato dall'UNESCO. Per le sue
particolarità, infatti, essa rappresenta un bene
storico-archeologico, speleologico e paesaggistico,
unico al mondo. La preziosa area è situata su un altopiano,
caratterizzato da scoscesi canyon, che si sono formati nei millenni,
dal corso di due fiumi: l'Anapo e il Calcinara. Queste vallate, scavate
nella roccia, sono chiamate, proprio, Valle dell’Anapo. La zona,
molto rustica e impervia, molto suggestiva, è protetta dalla nella
Riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente
Cava Grande. Il complesso è visitabile grazie a dei sentieri che vi
si inerpicano, giungendo al corso dell’Anapo. Vi sono principalmente
due direttrici: dal lato di
Sortino e dal lato di Ferla,
collegate, comunque, tra di loro. L’area della necropoli di
Pantalica fu riportata alla luce grazie alle prime ricerche e ai
primi scavi condotti
dall’archeologo
Paolo Orsi
verso la fine
dell’Ottocento.
L’area, secondo alcune teorie storiche, sarebbe stata popolata a
partire dalla
prima metà del XIII secolo a.C. In quel periodo, infatti, le
popolazioni che abitavano sulla costa, a causa delle prime invasioni
di Siculi e diverse genti d’origine italica, cercarono rifugio e
protezione, spostandosi verso l’interno. L’area di Pantalica,
facilmente difendibile, divenne sede, così, di un grosso
insediamento di queste popolazioni autoctone. Percorrendo lo
sviluppo storico dell’area, si hanno le prime notizie legate al
regno del re Hyblon. Questo avrebbe concesso parte della zona
costiera
ai primi megaresi, allora
capeggiati da tale
Lamis, i quali vi fondarono Megara Iblea (era il 728 a.C.). Nei
pressi fu fondata anche la polis di Siracusa. Quest’ultima nel suo
sviluppo espanse il suo dominio verso l’interno, fondando, tra le
altre, Akrai nel 664 a.C. Il controllo dell’altopiano di Pantalica
da parte dei siracusani determinò la fine di questo “regno”. Di
questa epoca rimangono i ruderi del Palazzo del principe
detto Anaktoron. Le vestigia più eclatanti di questi primi
insediamenti sono le 5000
tombe a grotticella artificiale, tutte scavate nella roccia,
appartenenti ad un’enorme necropoli. Nel corso del tempo,
l’area, non fu più abitata. Solo agli inizi del Medioevo,
soprattutto in epoca bizantina, si registrano nuovi stanziamenti.
Tali furono dovuti alla paura frustrante delle popolazioni costiere
di fronte ai continui assalti dei barbari, dei
pirati e
successivamente degli arabi. All’ epoca bizantina, infatti,
risalgono i resti di abitazioni scavate nella roccia e delle
grotte rupestri ad uso sacro, come quella della Grotta del
crocifisso, di San Nicolicchio e di San Micidiario.
In
effetti, nel vastissimo territorio dell’altopiano di Pantalica non
esiste “una” necropoli, ma diverse. Esiste, ad esempio, l’antica
necropoli
detta di Nord-Ovest
(XII-XI secolo a.C.), la necropoli della Cavetta
(IX-VIII secolo a.C) e la più grande necropoli a
Nord (XII-XI secolo a.C.), ma, anche, la necropoli di
Filiporto, una tra le più recenti e molto estesa, formata da un
migliaio di tombe
(IX-VIII secolo a.C.). Nella
necropoli della Cavetta
sono, inoltre, presenti i
resti di abitazioni d’epoca bizantina.
Vincenzo Consolo, in
uno dei suoi libri, Le pietre di Pantalica,
trasforma l'altopiano
siciliano in una metafora del cammino dell’umanità.
L’Anaktoron
Sempre nel territorio dell’altopiano è presente l’acropoli, di cui
rimane l’Anaktoron di Pantalica. E’ un edificio megalitico formato da grossi
blocchi di fondazione
che perimetrano stanze rettangolari, sullo stile delle costruzioni
micenee. Risalirebbe al periodo più antico, e cioè al
XII-XI secolo a.C. Venne
utilizzato (e modificato) anche in epoca bizantina. Di esso, però,
rimangono solo le fondazioni.
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