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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

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 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  La scultura dei Nebrodi    
     
     

Testo di Francesco Cimino


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
Veduta aerea di Marina di Patti
 
Foto di Chiara Samugheo

 





 
I lombardi e toscani residenti a Palermo, non si distaccano del tutto da certo goticismo gaginesco, unito alla componente catalana che riaffiora nelle grandi ancone, che sono l’equivalente dei monumentali retabli lignei iberici, o della "nuova Spagna" platereschi e salomonici, traendo ispirazione dall’architettura, dalle cornici scolpite dei polittici, "macchinette" e gonfaloni oltre che dall’oreficeria. Al contempo iniziano un manierismo d’altro tipo, informato ai modi rinascimentali dell’ultimo Laurana o genericamente toscano.

Soggetti ricorrenti sulla base delle sculture, oltre all’arme del committente o a qualche cherubino, sono il presepio, l’adorazione dei magi, la dormitio Virginis, tappe d’obbligo per l’illustrazione dell’iter mariano.

La Natività segue l’iconografia tradizionale della grotta, usata anche dal Ghiberti e ricorrente nelle opere di Domenico Gagini e della scuola, oppure quello della capanna, usato dal Rossellino nella Cappella Piccolomini di Monteoliveto Maggiore a Napoli.

Nel Sud d’Italia il modello ha molto successo e molti artisti si cimentano nella sua copia libera o scolastica, dando luogo ad una serie iconografica sui plinti delle statue, della seconda maniera gaginiana collegata con l’opera di Antonello.

Nei Nebrodi, la variante toscana, poté giungere attraverso un’opera ceramica, forse importata a Miiitello Val di Catania da Blasco Barresi, feudatario del luogo, che aveva soggiornato a Firenze dopo un viaggio nelle Fiandre, ed attribuita d’ordinario ad Andrea della Robbia, ma che è invece per lo stile, del figlio di lui Giovanni (Barricelli 1979).

E in queste varianti iconografiche e negli altri bassorilievi del basamento, poligonale come il pilastro gotico, che si libera la fantasia dell’artista creando ad ogni sfaccettatura una variante diversa sullo stesso tema.

Mentre il contratto prescrive spesso per il simulacro il modello obbligato della Madonna di Trapani, anch’esso toscano, della bottega di Nino Pisano, non allineato con l’arte contemporanea, ma ritenuto taumaturgico.

La statua, appiattita sul retro per un facile stivaggio veniva trasportata da Messina o da Palermo via mare, e poi, su scivoli trainati da buoi lungo fiumare e valloni dei Nebrodi sino agli impervi scoscendimenti dei paesi arroccati sulle cime, accompagnata dal fervore delirante dei fedeli.

Ogni paese reclama una sua Madonna di Trapani da porre al posto d’onore nella matrice, di iconografia obbligata ma personalizzata da una cifra tardogotica catalana, borgognona, sluteriana, come nel primo dei Gagini, poi sempre più sciolta ed inserita in uno spazio tridimensionale, man mano che il Rinascimento muove timidamente i primi passi in una terra troppo conservatrice.

Il modello resta valido per più di un secolo in una casistica di Madonne "instar et similitudinem B. V. Mariae Drepani" di stile tardo gaginiano, sino alla metà del ‘600, da Piraino a Montagna Reale, da San Pietro Patti a Gioiosa Guardia.

 
 

     

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