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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

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 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  La scultura dei Nebrodi    
     
     

Testo di Francesco Cimino


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
Sant’angelo di Brolo, la facciata del Santissimo Salvatore
 
Foto di Chiara Samugheo

 










 

Il più fedele continuatore dell’opera di Antonello fu Antonino, figlio della prima moglie, Caterina Blasco, messinese. Operosissimo nei Nebrodi a rifinire e terminare le sculture incompiute del genitore, oseremo dire con una sensibilità e levigatezza maggiori, tanto da raggiungere, nelle parti naturalistiche delle predelle una sorta di illusionismo pittorico.

La già citata Madonna della catena della matrice di Librizzi, ripresa da quella del padre per l’Oriolis, era stata terminata prima del 1537, perché gli Statuti emanati in questa data dal vescovo Albertino, danno delle disposizioni riguardanti una cappella sotto il titolo di S. Maria della catena.

La statua acquista grande importanza in quanto è la prima opera che si può attribuire, nei Nebrodi, allo scultore che, successivamente, il 14 Maggio 1538, si obbligava per una custodia di marmo per il sacramento, presumibilmente per la Cattedrale di Patti, con intervento dello stesso vescovo, poi ricostruito sudi una parete della chiesa di S. Michele, forse dopo il terremoto del 1693. Per questo il grande tabernacolo è rimasto ignoto agli studiosi che si sono occupati dei Gagini.

Il modello della custodia è desunto dagli schemi paterni eseguiti con intervento della scuola: di S. Salvatore di Fitalia, del Duomo di Mazzara, del Museo Regionale di Trapani, che per la quasi completa identità con quello di Patti, rimette in predicato l’attribuzione parziale a Giacomo Gagini del Kruft in favore di Antonino, il quale ne riprende l’iconografia e l’architettura nel tabernacolo delle chiese madri di Ciminna e di Ficarra, già allogati al padre nel ‘34-36.

La custodia, con gli angeli in adorazione e ai lati la Santa Agata e Maddalena, è conclusa da una lunetta con la Pietà che riprende i modelli settentrionali di vesperhild, già usati dal genitore in quella a tutto tondo di eco michelangiolesca del 1521, di Soverato superiore.

Il valore pittorico di bassorilievo si collega alla migliore espressione artistica della maturità di Antonello sensibile a quella cultura internazionale che circolava nel viceregno di Napoli, dal De Siloé giunto dalla Spagna, al Berruguete, segnalato a Roma nel 1504, o da Andrea Sansovino che era stato chiamato in Spagna e Portogallo e vi si era trattenuto fino al 1501.

Una Madonna di Loreto per S. Maria di Gesù a Ficarra, viene commissionata il 6 febbraio 1544 per conto del barone Enrico Lanza, con la clausola di riuscir conforme ad un’altra di spettanza d’un tal Antonio della Quadragesima nella chiesa di S. Francesco di Palermo, non solo nell’iconografia ma anche ne "lupanniari", cioè il drappeggio, che a sua volta ricalca la forma di un modello di creta in possesso dello scultore.

Attraverso tali opere si precisa la figura di uno scultore, che pur con le inevitabili ripetizioni, per altro imputabili alla committenza, rivela una personale sensibilità psicologica e materica, in un vibrato atmosferico che contrappunta l’evento miracoloso illustrato.

Una serie di madonne ad esse collegate, fra le quali spicca quella di Santa Maria di Gesù a San Fratello, pure autografa confermano quanto questo sentire fosse condiviso ed apprezzato.

 
 

     

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