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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

INDIETRO
 
     
     
 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  Il territorio dei Nebrodi :
  vegetazione e flora
   
     
     

Testo di  Giuseppe Giaimi


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
Capizzi, E' dominato da un castello i cui resti costituiscono la zona archeologica.
 
Foto di Chiara Samugheo

 








 
 

LA MACCHIA

In condizioni di piena naturalità, quella che va comunemente sotto il nome di macchia mediterranea, sui Nebrodi non avrebbe avuto posto, dato che, come già visto, il bosco di sughera è in grado di scendere fino al mare.

Le numerose formazioni a macchia che è dato riscontrare su tutto il versante settentrionale, fino ai 300-400 metri, altro non sono che forme di vegetazione di sostituzione e possono rappresentare tappe intermedie di processi evolutivi tendenti verso strutture più complesse e più stabili (è il caso di quanto accade nei terreni agrari abbandonati, sulle scarpate stradali, sulle frane, ecc.) oppure stadi avanzati di degradazione di preesistenti formazioni forestali.

Nella sua forma classica, la macchia è costituita da una formazione intricatissima di alberelli ed arbusti sempreverdi sclerofìlli (a foglia rigida) nella quale l’elemento erbaceo è quasi assente per il forte ombreggiamento che essa produce.

In realtà, essa assume forme e strutture sempre diverse, sia perché una o poche piante prendono il sopravvento sulle altre sia perché spesso fanno apparizioni specie non propriamente tipiche quale il perastro, la roverella, l’olmo, il frassino minore, il sorbo, il rovo, l’ampelodesma.

A seconda delle specie prevalenti si parla di macchia a lentisco, a corbezzolo, a calycotone, a ginestra, a cisto, ecc.

Queste formazioni sono gradevoli a vedersi tutto l’anno:
in primavera-estate, quando i cisti dalle foglie morbide e rugose ostentano rosette di 5 petali bianche o rosati, la fillirea con dense infiorescenze di fiori bianco-verdastri; e così il mirto con solitari fiori bianchi odorosi e con molti stami sporgenti, l’erica con una cascata di mille fiorellini biancastri a cupoletta con screziature porporine, le ginestre con profumatissimi fiori gialli carenati; in autunno-inverno, quando in mezzo al folto fogliame fanno spicco i frutticini aromatici del lentisco di colore cangiante dal rosso al nero, le minuscole bacche azzurrognole del mirto e della fillirea e grappoli di fiori bianchi e di rossi frutti rugosi del corbezzolo.

LE COLTURE AGRARIE

Delle tre fasce di vegetazione cui si fa riferimento, la più vicina al mare è quella che ha pagato all’agricoltura e alla civiltà il contributo più elevato. Centri abitati, manufatti e colture agrarie si sono concentrati soprattutto qui, soppiantando le primigenee formazioni boschive e la macchia.

In particolare hanno avuto successo le colture agrarie legnose, meglio dei cereali adatte a sviluppare sui terreni freschi e sciolti che hanno origine dalle rocce silicee e sabbiose. Prima fra tutte, la coltura dell’olivo che ancora oggi, con bella disposizione geometrica e portamento austero, copre tutta la fascia pedemontana fino a 500-600 metri di quota. Seguono, per importanza, i vigneti, i frutteti misti e i canneti e gli agrumeti.

 
 

     

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