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Premessa
Il mondo dei Nebrodi
Cenni storici
La scultura dei Nebrodi
L'architettura medievale
L'architettura rinascimentale
  Il territorio: geologia
Il territorio: morfologia
Il territorio: idrografia
Il territorio: vegetazione e flora
Il territorio: fauna

INDIETRO
 
     
     
 Conosciamo i Nebrodi
   IL TERRITORIO DEI NEBRODI:
   L'AMBIENTE NATURALISTICO, ANTROPICO,
   STORICO E   CULTURALE
 

Per saperne di più  

 
   
 
  Il territorio dei Nebrodi :
  vegetazione e flora
   
     
     

Testo di  Giuseppe Giaimi


 

 
I NEBRODI PER IMMAGINI
 Sinagra, interno della basilica.
 
Foto di Chiara Samugheo

 









 

L’ORIZZONTE DEL FAGGIO

Ricade in questa "fascia" la parte più elevata dei Nebrodi al di sopra dei 1.400 metri in media a Meridione e dei 1.200 a Nord.

Rappresenta, per così dire, il "cuore" dei Nebrodi, dove la terra ancora emana il fascino di una natura genuina se non incontaminata, dove si respira "l’aria della montagna", dove il mondo convulso che viviamo appare lontano e la dimensione del tempo deformata.

All’interno di quest’area il faggio domina incontrastato, sovrano altero e superbo, contornato dai boschi di cerro, di leccio, di quercia e da ampie superfici pascolive.

 

LE FAGGETE

Quasi senza interruzioni occupano l’intero crinale dei Nebrodi da Monte Tre Arie (Comuni di Tortorici e Randazzo) a Monte Castelli (Mistretta), con una formidabile "fuga" di oltre 40 km.

Due grossi nuclei hanno perso contatto da questa vasta area di vegetazione: la Faggeta di Malabotta (Tripi e Montalbano E.) ad Oriente, e quella di Monte Sambuchetti (Nicosia) dalla parte opposta; oltre a piccoli nuclei sparsi nei Comuni di Floresta, Randazzo e Tortorici.

L’area di vegetazione si è progressivamente contratta nel tempo. La faggeta, infatti, come un esercito in ritirata, ha dovuto cedere posizioni fino a trovarsi oggi a difendere le ultime "roccheforti" residue: le alture dei Nebrodi, alcuni contrafforti delle Madonie e una piccola porzione dell’Etna.

Il faggio in Sicilia non c’è stato da sempre; vi è arrivato, unitamente ad altre specie tra cui l’abete bianco, muovendo dall’Europa centro-settentrionale, sua dimora abituale, durante le glaciazioni, quando il clima, da caldo-arido qual’era, divenne freddo umido, e tale rimase per diverse migliaia di anni. Per tutto quel periodo il faggio e l’abete ricoprirono l’intera catena montuosa settentrionale della Sicilia.

Allo stato attuale, oltre l’85 per cento delle faggete di Sicilia (10.000 ha circa contro i 13.000 complessivi) si trova sui Nebrodi, in prevalenza sul versante esposto a tramontana, dove può scendere fino a 1.100-1.050 metri di quota con punte di 1.000 metri sotto forma di piante sparse, come a Mistretta.

Tra i complessi meglio conservati e di maggiore pregio, anche estetico, meritano una citazione particolare i boschi di Cartolari (Tortorici), Foresta Vecchia (Bronte), Mangalaviti (Longi), Monte Soro e Sollazzo Verde (Cesarò), Dugo e S. Antonio (Capizzi), Moglia (Caronia), Medda (Mistretta). Il complesso più esteso è quello che gravita attorno a Monte Soro.

Verso i limiti superiori della sua area di vegetazione, il faggio vive "in splendida solitudine" e mal sopporta la presenza di elementi estranei. Molte altre essenze penetrano dentro la faggeta: il cerro, il leccio, la roverella, l’olmo di monte, il frassino maggiore, l’opalo, il sorbo selvatico, il sorbo degli uccellatori, il tiglio, il tasso, l’agrifoglio. Negli ambienti umidi e lungo i corsi d’acqua fanno apparizione l’ontano nero, la carpinella, la "berretta del prete" (evonymus europea), diversi salici.

Tra le specie erbacee presenti, molte sono considerate di grande valore ecologico: l’erba laurina, un piccolo arbusto portante in cima una rosetta di foglie spesse e lucenti; l’anèmone apennina, deliziosa pianticella con fiori solitari e petali raggiati di colore blu porporino; il doronicum autunnale, inconfondibile per i suoi capolini gialli, solitari, portati in vetta a steli esili e leggermente ricurvi; la peonia officinalis, bellissima con i suoi fiori grandi colorati di porpora recanti al centro centinaia di filamenti gialli, la scilla bifolia dai vistosi fiorellini azzurri riuniti a mazzetto; il cynoglossum creticum, dalle caratteristiche foglie larghe e morbide di colore grigio, fiori piccoli bluastri e frutticini finemente spinosi; la mercurialis perennis, pianticella propria dei luoghi freschi, dalle spighette verdastre erette; la luzula sicula, simile alle graminacee, con foglie piene cosparse di lunghi peli bianchi; il sambucus racemosa, con fiori in dense infiorescenze bianche terminali e numerosi frutti rossi splendenti.

Di tutte le piante che partecipano al corteggio floristico del faggio, il più "illustre" è senz’altro il tasso, presente in Sicilia solo sui Nebrodi, noto anche come l’albero della morte perché tossico in ogni sua parte (diversi animali ogni anno muoiono per avere ingerito poche foglie), ad eccezione dell’arillo carnoso rosso-intenso, di bell’effetto, che dagli uccelli viene infatti attivamente ricercato. Specie antichissima (si fa risalire all’Era terziaria), è anche tra le più longeve della nostra flora, riuscendo a vivere fino a 2000 anni ed oltre. All’epoca della fruttificazione non si può confondere con nessun’altra pianta, ma in altro periodo dell’anno un occhio poco allenato la può scambiare per un abete, a motivo della sua forma largamente piramidale, le foglioline piatte attaccate ai rami su due file, la corteccia bruno-rossastra che si sfalda a fogli.

Molte essenze si impongono all’attenzione per il grande effetto decorativo, soprattutto quando sono in fiore o maturano il frutto.

 
 

     

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