La causa principale dell’abbandono dello stile Barocco e
dell’ingresso mai convincente del Neoclassicismo in Sicilia è la
sensibile diminuzione del numero delle nuove edificazioni. Alla base
di questo è la crisi economica e politica che l’aristocrazia
siciliana subì a partire dalla fine del XVIII secolo.
L’attrazione dello sfarzo nelle “corti” palermitane e catanesi, ma
anche delle altre città, portò ad una specie di inurbanesimo
dell’aristocrazia isolana. Le proprietà, una volta
amministrate direttamente, passarono nelle mani di intendenti, più o
meno capaci o corrotti. Mentre le proprietà cittadine crebbero in
dimensioni e splendore, le loro proprietà terriere decaddero
producendo introiti sempre minori. L'aristocrazia si servì allora
del credito, dove le garanzie ipotecarie erano basate sulle
proprietà stesse. Una situazione precaria e pericolosa. Quando il
valore delle proprietà scese al di sotto del valore del prestito,
molti terreni passarono di mano.
Gli stretti rapporti legati
con la corona Borbonica di Napoli e conseguentemente con il Regno
Unito ebbero diversi contraccolpi sull’aristocrazia.
Re Ferdinando per combattere le invasioni
francesi impose le prime nuove tasse, revocate nel 1812 dai
britannici.
Questi imposero ai siciliani
una forma di governo di stampo britannico. Le innovazioni
legali sovvertirono il rapporto tra l’aristocrazia e i suoi
creditori. Se prima questi ultimi potevano solo richiedere gli
interessi del debito, ora potevano confiscare la proprietà a
garanzia. Chiaramente anche qui molte furono le proprietà che
cambiarono possessore. La borghesia siciliana iniziò l’ascesa
economica. L’ambiente sociale, con diversi contraccolpi, divenne
inquieto. Nel 1821 e nel 1848 si ebbero dure
rivolte contro i Borboni, che portarono al periodo
risorgimentale di metà Ottocento e l’unione della Sicilia all’Italia
unificata. Le diverse alleanze che si erano create tra gli
aristocratici e la loro uscita dall’amministrazione dell’Isola portò
ad un declino lento ma inesorabile.
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