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Il terremoto del 1693 uccise e soprattutto
distrusse. Si calcola che i morti fossero per un totale di più di
100.000 persone. Essendo l’epicentro nel Val di Noto, Catania fu
seriamente danneggiata, ma, innanzitutto, la città di Noto fu
completamente rasa al suolo. Tra le altre subirono danni gravi
Ragusa, Modica, Scicli, e Ispica. Totalmente furono interessate dal
terremoto ben cinquantaquattro città e paesi e 300 villaggi. Quasi subito i siciliani iniziarono la ricostruzione. In Sicilia, pur essendo parte del dominio della monarchia spagnola, due erano i poteri reali presenti e operanti: l’Aristocrazia e la Chiesa. Nata nel 1071 con l’arrivo dei Normanni in Sicilia, che, per amministrare il potere sul popolo, crearono il sistema feudale, l'aristocrazia siciliana aveva enormi ricchezze e una vasta manodopera subordinata. Alla data del sisma la Sicilia era governata, non solo dal Duca di Camastra, che gli Spagnoli avevano nominato viceré, ma direttamente dalla sua aristocrazia autoctona. Nel Settecento fu quantificato che erano presenti in Sicilia 228 famiglie nobiliari, che davano alla Sicilia una classe di governo quantificabile in 58 principi, 27 duchi, 37 marchesi, 26 conti, 1 visconte e 79 baroni, più i rampolli cadetti delle famiglie con i loro titoli cortesi di nobile e barone. Queste famiglie nobiliari, per non dividere il patrimonio, usavano spingere i cadetti maschi e femmine verso i voti monastici nei monasteri e nei conventi. Era uso, per favorire questo, pagare una consistente tassa (o dote), alla Chiesa siciliana, sottoforma di proprietà, gioielli o denaro. A questa tradizione andava assommata l’opera stessa della Chiesa, che operando, anche, sulla paura della dannazione dopo la morte e sulla presenza dell’Inquisizione (che a volte non si fermava anche davanti alla nobiltà), riceveva dalle classi superiori e da quelle inferiori generose donazioni in tutte le principali ricorrenze dei santi e delle festività sacre. Il compito della ricostruzione dopo il terremoto fu affrontato costruendo in stile “moderno”, cioè in stile barocco. I primi edifici costruiti erano così convincenti che ne scaturì una corsa al nuovo stile. La cosa non riguardò solo la zona terremotata, ma la Sicilia intera. Poiché il vicerè soggiornava sei mesi a Palermo e sei mesi a Catania, insieme a tutta la corte, moltissimi aristocratici si fecero edificare nuove abitazioni. Il soggiorno estivo in campagna, fece ristrutturare le facciate delle vecchie abitazioni e costruirne di nuove. Divenuto lo stile barocco uno status symbol per la nobiltà, la frenesia verso il nuovo stile fu generale, interessando anche chiese e monasteri, potendo le autorità ecclesiastiche siciliane disporre di quelle ricchezze a cui abbiamo fatto cenno. Man mano che lo stile si diffondeva, come una vera e propria epidemia, furono interessati dalla nuova moda anche edifici di tutt’altra epoca. Ad esempio, la chiesa di Santa Caterina a Palermo, iniziata nel 1566, fu riarredata internamente con marmi colorati in stile Barocco. Alla metà del XVIII secolo si ebbe l’apice delle ricostruzioni nello sfarzo barocco. Naturalmente le classi povere ricostruirono le proprie piccole abitazioni secondo la vecchia usanza. |
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