PATERNO'
La
Storia, a volte, disegna dei tracciati
e dei valori che poi, nel tempo, si perdono.
E’ il caso di Paternò. La città era prediletta
dalle regine aragonesi, divenendo, poi, il
feudo dei principi Moncada. Oggi
la cittadina etnea si distingue per la
produzione delle arance rosse
Sanguinelle e per
i suoi ficodindia. Il Parco dell’Etna, con
Paternò, svela un paesaggio nascosto, forse
lo stesso dell’antica nobiltà…
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Dialetto e folclore
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Pur essendo il dialetto paternese
molto simile a quello catanese, si distingue da questo per alcune
particolarità fonetiche. E’ probabile che esso si sia formato, nelle
sue caratteristiche
lessicali e fonetiche, dall’idioma gallo-italico. Sotto Enrico del
Vasto giunsero, infatti, moltissimi coloni provenienti dal nord
Italia, per lo più dal Monferrato e dalla Liguria, chiamati
«lombardi». Essi popolarono la zona dei Nebrodi, in genere la
provincia messinese sul lato mediterraneo, ma anche numerosissimi
nella zona di Paternò. Tuttavia, con la diffusione del dialetto
siciliano, la tipica parlata non esiste quasi più nel paternese.
Questo, attualmente, è definito allarunchiata,
proveniente dal siciliano larunchia (rana). Nell’emblema di
Paternò, oltretutto, è raffigurata una rana. Esse sono presenti,
soprattutto, nell’area presso il fiume Simeto.
Tra il
folclore locale rientrano, certamente, le manifestazioni civiche.
Tra esse spicca il Carnevale di Paternò, la cui prima edizione
risale al
1867. Agli inizi del
periodo autunnale si svolge una mostra dell’artigianato, ma anche
del commercio e dei prodotti agricoli. In estate, invece, si
realizzano varie rassegne artistiche. |